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cavalieri, lui ferì con una grossa lancia nel petto, e egli, già debole per lo mancato sangue, cadde in terra, dove da’ compagni di Tarpelio fu morto sanza niuno dimoro. Lelio, che avea gli occhi volti in quella parte e molto si maravigliava della grande virtù di Artifilo, quando vide questo non potè ritenere le lagrime, ma sotto l’elmo chetamente bagnò per pietà il suo viso; e abandonato Sesto, corse in quella parte ove ancora alquanti de’ compagni d’Artifilo rimasi vivi combattevano vigorosamente, ingegnandosi di vendicare la morte del loro capitano. E quivi con la sua forza lungamente sostenne i pochi compagni. Ma poi ch’egli vide Sesto, rimaso quasi solo, in molte parti del corpo ferito, combattere, e sè male accompagnato, tirato indietro per convenevole modo, mosse la terza schiera di Sculpizio Gaio, loro ultimo soccorso; alla quale Sesto e quelli che erano per la battaglia pochi rimasi delle due schiere prime, tutti s’accostarono, e rincominciarono sì forte la sventurata battaglia, che alcuna volta prima non v’era stata tale. E ben che i resistenti fossero molti, la loro moltitudine nel piccolo luogo nocea, però che l’uno impediva la spada dell’altro per istrettezza: onde Sesto e Sculpizio, i quali avanti agli altri vigorosamente combattevano con li loro pochi cavalieri, per forza, uccidendogli, gli fecero rinculare e fuggire in campi ancora non bagnati d’alcun sangue. Il re, che della montagna era disceso con fresca schiera, vedendo questo, alquanto raffreddò l’ardente disio, e dubitando mosse i suoi cavalieri, e li terribili suoni de’ battagliereschi strumenti fecero di nuovo tremare i secchi campi. E tanta polvere coperse l’aria con la sua nebbia