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piacque loro, e, pervenuti a’ dimandati porti, montarono sopra la bella nave, ove essi onorevolemente ricevuti furono da Antonio e da Menone, signori e padroni di quella. E poi che Asmenio dimorato con loro alquanto fu, egli disse: Belli signori, noi siamo cavalieri e messaggi dell’alto re di Spagna, ne’ cui porti voi dimorate; e siamo qui venuti a voi per essere di vostra condizione certi, e per sapere qual sia il vostro carico, e da quali liti vi siate con esso partiti, e che intendiate di fare. Piacciavi che di tutte queste cose noi al nostro signore possiamo rendere vera risposta -. A cui Antonio, per età e per senno più da onorare, così rispose: Amici, voi siate i ben venuti. Noi, brievemente, siamo ad ogni vostro piacere disposti, e però alla vostra dimanda così vi rispondiamo, e così a chi vi manda risponderete: il presente legno è di questo mio compagno e mio, i quali, egli Menone e io Antonio siamo chiamati, e nascemmo quasi nelle ultime parti dell’ausonico corno, vicini alla gran Pompeia, vera testimonia delle vittorie ricevute da Ercule ne’ vostri paesi, e da lui edificata; e vegnamo dalli lontani liti d’Alessandria in questi luoghi, non volonterosi venuti, ma da fortunale tempo portati, nel quale gl’iddii, la mercè loro, ci hanno tanta di grazia fatta, che quasi tutto il carico della nostra nave avemo spacciato, il quale fu in maggior parte spezieria, perle e oro, e drappi dalle indiane mani tessuti; e intendiamo, ove piacere de’ nostri iddii sia, di cercare le sedie d’Antenore, poste nell’ultimo seno di questo mare, quando avremo tempo; e quivi di quelle cose che per noi saranno, intendiamo di ricaricare la nostra nave e di tornare