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con tanti prieghi. O maladetto giorno, o perfidissima ora della sua natività, perchè mai venisti? Egli non per nostra consolazione, ma per dolorosa distruzione di noi nacque: ma certo la cagione di tanta e di tale tristizia converrà che prima di me perisca. Questi mali e queste angosciose fatiche solo per la vilissima serva procedono. Io le leverò con le propie mani la vita: la mia spada trapasserà il suo sollecito petto: e di questo segua che puote! E certo se i fati altre volte la trassero delle cocenti fiamme, essi non la trarranno ora del mio colpo. Oimè, che mi parea incredibile per adietro, quand’io udiva che sola Biancifiore era ancora da lui dimandata, e diceva: "Se ciò fosse vero, già il duca e Ascalion me l’avrebbero fatto sentire!". Ma io credo fermamente che la puttana l’abbia con virtuose erbe, o con parole, o con alcuna magica arte costretto, però che mai non si udì che femina con tanto amore durasse in memoria d’uomo, quanto costei è durata a lui. Ma certo a mio potere l’erbe e le incantazioni le varranno altressì poco: come a Medea valessero! -.

Poi che il re, narrate queste cose, si tacque, la reina, dopo alcuno sospiro, così disse: Oimè, ora ha egli ancora nella memoria Biancifiore? Certo, se questo è, negare non possiamo che in contrario non ci si volga la prosperevole fortuna passata. Io imaginava che egli più non se ne ricordasse; ma poi che ancora gli è a mente, soccorriamo con pronto argomento -. - Niuno rimedio è sì presto come ucciderla - disse il re, - e acciò che infallibile sia il colpo, io l’ucciderò con la propia mano -. A cui la reina disse: Cessino questo gl’iddii, che un re si possa dire che colpevole nella morte