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le ricevute gioie, le quali sanza amore da gentile donna mai donate non sarieno. La terza cosa che questo mi mostra si è l’allegrezza della quale io veggo il bel viso ripieno d’ogni felice caso che m’avvenga -. - Ben sogliono essere le predette cose veri testimonii d’amore; ma ditemi, se vi piace, che gioia riceveste voi già mai dalla vostra donna: però che alcune sogliono donare gioie, le quali non sarieno degne di mettere in conto -. - Certo - disse Fileno - non è di quelle la mia, ma è da tenere carissima; e acciò che voi sappiate quanto io ne deggio tenere cara una che io n’ho qui meco, io vi dirò come io la ricevetti -. - Ciò mi piace - rispose Florio. Allora Fileno cominciò così a dire: Dovendo noi giucare nel giuoco che si fa nella solennità di Marte, pochi giorni ha passati celebrata, giucare, io nella sua presenza me n’andai, e umilmente la pregai che le piacesse a me, suo fedelissimo servidore, donare una delle sue gioie, la quale io per lo suo amore portassi nel giuoco. Essa, al mio priego mossa, benignamente in mia presenza con le dilicate mani questo velo si levò d’in su la sua bionda testa -; e traendo fuori il velo, il mostrò a Florio; e poi seguendo il suo parlare, disse: E appresso aggiunse che io per amore di lei mi dovessi portar bene. Onde se questo è assai manifesto segnale di vero amore, voi, come me, il potete conoscere -. - Ma è più che manifesto - rispose Florio, - e certo ogni altra cosa maggiore è da esserne da voi sperata -. Disse allora Fileno: Sicuramente che io molto più avanti ne spero, nè credo con l’aiuto de’ nostri iddii la mia speranza vegna fallita -. Florio, ancora di tutto questo non contento, gli disse: Fileno, se gl’iddii ve ne facciano tosto