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Topazia nominata, presa per sua legittima sposa, la quale per la sua gran bellezza e infinita bontà era molto da lui amata. E già era con lei, poi che Imineo coronato delle frondi di Pallade fu prima nelle sue case e le sante tede arse nella sua camera, dimorato tanto, che Febo cinque volte era nella casa della celestiale Vergine rientrato, e ancora di lei niuno figliuolo avea potuto avere, de’ quali egli sopra tutte le cose era disideroso; e in molte maniere cercato com’egli potesse fare che la giovane concepesse, e niuna pervenuta ad effetto, sentiva nell’animo angoscioso tormento. Ma l’infinita pietà di Colui a cui nulla cosa si nasconde non sostenne che sanza parte del suo disio vedere egli finisse i giorni suoi, a’ quali poco più spazio era assegnato, anzi saviamente precorse in cotal modo: che, essendo Lelio un giorno intorno a quel disio molto pensoso, udì narrare di quello Iddio, che sopra gli sperii liti dimorava lontano, maravigliose cose per lui fatte; le quali poi ch’egli ebbe udite, se n’andò in uno santo tempio, là dove la reverenda imagine del glorioso santo era figurata, nel cospetto della quale disse così: O grazioso Iddio, il quale sopra i liti occidentali lasciasti il tuo santo corpo, l’anima renduta al sommo Giove, ricevi le mie voci, degne d’essere essaudite, nella tua presenza. E così come a niuno, che divotamente giusto dono ti domandi, li nieghi, così a me la mia domanda, s’è giusta, non negare, ma perfettamente me la adempi. Io sono giovane d’eccellentissima fama, e di famosi parenti disceso, e nella presente città copioso di ricchezze e di congiunti parenti, accompagnato di nobilissima e bella giovane, con la quale io sono stato tanto