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diletta, che argomentarsi di resistere a’ danni. Deh, se tu se’ uomo come sono gli altri, giovino tanti conforti, quanti noi ti diamo: vaglia il mostrarti la verità, come noi mostriamo! E non indurare pure sopra il tuo non vero parere: rallegrati che tanto manca il senno quanto il conforto ne’ savi -.

Florio, il quale sentiva in sè graziose parole all’animo innamorato, che di quelle avea bisogno, con men dolente viso così rispose: Amici, a’ subiti accidenti male si puote argomentare. Ma che che ’l mio padre si deggia fare, io pur m’ingegnerò di prendere il vostro consiglio, cacciando da me il dolore delle non presenti cose -. E questo detto, si dirizzarono tutti; e uscendo del giardino, per le stelle che già il cielo aveano de’ loro lumi dipinto, tornarono quasi contenti alle loro camere.

Mentre li fati trattavano così Florio, Biancifiore lasciata da lui al perfido padre tornò nell’usata grazia, dimorando ne’ reali palagi con non minore quantità di sospiri che Florio, avvegna che più saviamente quelli guardasse nell’ardente petto. Ma le trascorrenti avversità che il loro corso verso Florio aveano volto, con non usato stimolo ancora lui miserabilmente assalirono in questa maniera. Era nella corte del re Felice in questi tempi un giovane cavaliere chiamato Fileno, gentile e bello, e di virtuosi costumi ornato, a cui l’ardente amore di Florio e di Biancifiore era occulto, però che di lontane parti era, pochi giorni poi la crudel sentenza di Biancifiore, venuto. Il quale, sì tosto come la chiara bellezza vide del suo viso, incontanente s’accese del piacere di lei, e sanza misura la incominciò ad amare, e in diversi