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a tutto il mondo ponesti il tuo signorile giogo sopra gl’indomiti colli, tu sola permanendone vera donna, molto più che in alcun’altra parte risuona, sì come in degno luogo della cattedrale sedia de’ successori di Cefas. E tu di ciò dentro a te non poco ti rallegri, ricordando te essere quasi la prima prenditrice delle sante armi, però che conoscesti te in esse dovere tanto divenire valorosa, quanto per adietro in quelle di Marte pervenisti, e molto più; onde contentati che come già per l’antiche vittorie più volte la tua lucente fronte ti fu ornata delle belle frondi di Pennea, così di questa ultima battaglia, con le nuove armi triunfando tu vittoriosamente, meriterai d’essere ornata d’etternal corona, e, dopo i lunghi affanni, la tua imagine tra le stelle onorevolemente sarà locata, tra le quali co’ tuoi antichi figliuoli e padri beata ti ritroverai. E i tuoi figliuoli già per la nuova fama prendono a’ lontani templi divozione, e adomandando allo Iddio dimorante in essi i bisognevoli doni, promettono graziosi boti: i quali doni ricevuti, ciascuno s’ingegna d’adempiere la volontaria promissione visitandoli, ancora che sieno lontani: la qual cosa appo Iddio grandissimo merito sanza fallo t’impetra.

Risuona per Roma, com’è detto, la gran fama nella quale un nobilissimo giovane dimorava, il quale si chiamava Quinto Lelio Africano, disceso del nobile sangue del primo conquistatore dell’africana Cartagine. Era questo ornatissimo di belli costumi e abondante di ricchezze e di parenti, già per la sua virtù prescritto all’ordine militare, e avea, secondo la nuova legge del Figliuol di Dio, una giovane romana nobilissima, nata della gente giulia, e Giulia