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vita mia! Or di che mi sono io nel passato tempo, sperando, rallegrato tanto, che le infinite avversità apparecchiate a Biancifiore per me mi sieno di mente uscite? Oimè, perchè dopo la disiderata diliberazione ti lasciai io al mio padre? -. Con queste e con altre parole malinconico molto si ritornò alla sua camera, nella quale tutto solo si rinchiuse. E quivi gittatosi sopra il suo letto, cominciò a piangere con queste voci: O bellissima giovane, sono ancora cessate le malvage insidie poste alla tua vita da’ miei parenti? Morto è lo iniquo siniscalco, a te crudelissimo nimico: certo cessate dovriano essere. Ma io non credo che per la morte di colui la malizia del re sia menomata, e la mia fortuna rea credo che ti faccia spesso noia: ond’io credo che più che mai alla tua vita ne sieno poste. Oimè misero, dove ti lasciai io? Io lasciai la paurosa pecorella intra li rapaci lupi. Deh, dove lasciai io la mia Biancifiore? Tra coloro che sono affamati della sua vita, e disiderano con inestinguibile sete di bere il suo innocente sangue. Certo il comandamento della santa dea ne fu cagione, il quale volesse il sommo Giove che io non avessi osservato. Oimè Biancifiore, in che mala ora fummo nati! Tu per me se’ con continua sollecitudine cercata d’offendere perchè io t’amo, e io sono costretto di stare lontano da te acciò che io ti dimentichi; ma certo questo è impossibile, chè amore non ci legò con legame da potere sciogliere. Niuna cosa, altro che morte, non ci potrà partire, però che nè noi il consentiamo, nè amore vuole: anzi con più forze continuamente mi cresce nello sventurato petto, tanto che d’ogni cosa mi fa dubitare; e è cresciuto a tanta quantità, che quasi dubito