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volte co’ cani e col forte arco nelle oscure selve caccia i paurosi cervi, e nelle aperte pianure i volanti uccelli gli fanno vedere dilettevoli cacce; e spesse fiate le fresche fontane di Montoro sono da lui con diversi diletti ricercate. Niuna allegrezza gli mancava fuori solamente la sua Biancifiore, la quale gli era troppo più lontana che la speranza non gli porgea.

Menando Florio, per la futura speranza che lo ’ngannava, lieta vita, la non pacificata fortuna, invidiosa del fallace bene, non potè sostenere di tenergli alquanto celato il nebuloso viso, ma affrettandosi d’abreviare il lieto tempo, con questi pensieri un giorno subitamente l’assalì. Era entrato lo innamorato giovane nell’ora che il sole cerca l’occaso in un piacevole giardino, d’erbe e di fiori e frutti copioso, per lo quale andando con lento passo assai lontano a’ suoi compagni, vide tra molti pruni un bianchissimo fiore e bello, il quale infra le folte spine sua bellezza serbava. Al quale rimirare Florio ristette, e pareagli che il fiore in niuna maniera potesse più crescere in su, sanza essere dalle circunstanti spine pertugiato e guasto, nè similemente dilatarsi, o divenir maggiore. Ond’egli incominciò a pensare e a ragionare fra se medesimo così tacitamente: Oimè, chi o qual cosa mi potrebbe più apertamente manifestare la vita e lo stato della mia Biancifiore che fa questo bianco fiore? Io veggio ciascuna punta delle circunstanti spine rivolta al fresco fiore, e quasi ognuna è presta a guastare la sua bellezza. Queste punte sono le insidie poste dal mio padre e dalla mia madre alla innocente vita della mia Biancifiore, le quali lei alquanto muovere non lasciano sanza amara puntura. Deh, misera la