Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/219

- A me - rispose Florio - non è al presente licito di dirvi chi io sia, e però perdonatemi; e quando vostro piacere fosse, io volontieri mi partirei co’ miei compagni -. - Poi che sapere non posso chi tu se’, va, che gl’iddii ognora in meglio ti prosperino -. Allora Florio piangendo guardò Biancifiore, che ancora piangea, e disse: Bella giovane, io ti priego per amor di Florio che tu ti conforti, e rimanti con la grazia degl’iddii -. E detto questo, e preso commiato dal re, smontò le scale, e risaliti sopra i loro cavalli, egli e Marte e Ascalion, de’ quali nullo era stato conosciuto, si misero al camino. E pervenuti che furono a quel luogo dove Marte destato avea Florio, e Marte, voltato verso di lui, si fermò e disse: Omai tu hai fatto quello per che io discesi ad aiutarti; però io intendo di tornare ond’io discesi, e tu col tuo compagno ve n’andrete a Montoro -. Florio e Ascalion, udite queste parole, incontanente smontati da cavallo gli si gittarono a’ piedi, ringraziandolo quanto a tanto servigio si convenia; e porgendogli divote orazioni, egli subitamente loro sparve davanti. Rimontarono adunque costoro a cavallo e porgendo loro il sole chiara luce, in brieve ritornarono a Montoro.

Poi che pervenuti furono a Montoro, i due cavalieri, sanza alcuno romore o pompa, quanto più poterono celatamente al tempio di Marte smontarono, e passati dentro a quello fecero accendere fuochi sopra i suoi altari, ne’ quali divotamente misero graziosi incensi: e fattisi disarmare, le loro armi offersero a’ santi altari in riverenza e perpetuo onore del