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dimora a vedere la vostra battaglia, che essi subitamente gittino Biancifiore nell’acceso fuoco; poi, questo fatto, della tua vittoria non ti curare guari -. - Questo sarà a mio potere fornito - rispose il siniscalco, e partissi da lui.

Prese adunque il siniscalco quelle armi e quel cavallo che migliore si credette che fosse per tornare al campo; ma la dolente Biancifiore, nè campata nè al tutto dannata rimasa, quivi si stava intra’ due continuamente piangendo; e poco valeva che Florio, il quale dal suo lato mai non si partiva, la confortasse, posto che se saputo avesse che colui che sì pietosamente la confortava fosse stato Florio, ella avrebbe tosto mutato il doloroso pianto in amoroso riso, non curandosi del pericolo nel quale esser le parea. Ella dimandava sovente: O cavaliere, che è di Florio? Quanto è che voi il vedeste? -. E ogni volta al nominar Florio, più forte piangea. E Florio le rispondea: Giovane donzella, in verità che la passata sera il vidi e con lui dimorai per grande spazio a Montoro, là ove io poi il lasciai faccendo sì grandissimo pianto e duolo di ciò che avvenuto t’è, che niuna persona il potea nè può racconsolare. Egli caramente mi pregò che io dovessi qui sanza dimoro venire a liberarti di questo pericolo; e egli sanza fallo ci sarebbe venuto, se non che io nol lasciai, però che io credo fermamente che se egli ti vedesse in tale maniera, forte sarebbe che egli o per grieve doglia non morisse, o per quella il natural senno perdesse. Ma molto ti manda pregando che tu ti conforti per amore di lui e che tu il tenghi a mente, come egli fa te, che mai per bellezza d’alcuna altra giovane non ti potè nè crede poter dimenticare -.