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si tirarono. Allora Florio rivolto a lei con alta voce disse: Giovane damigella, fugga da te ogni paura, chè gl’iddii, pietosi di te, vogliono che io ti difenda: dimmi qual sia la cagione per che il re t’ha fatta giudicare a sì crudele morte, come è questa che apparecchiata ti veggio, chè io ti prometto, che ragione o non ragione che il re abbia, infino che i miei compagni e io avremo della vita, per amore di Florio, cui io amo quanto me medesimo, e per amor della tua piacevolezza, ti difenderemo -.

Vedendosi Biancifiore confortare dal cavaliere, lasciata da’ sergenti, alzò il viso con gli occhi pieni di lagrime, e dopo uno amaro sospiro così disse: O cavaliere, chi che tu sii, o mandato dagl’iddii in mio aiuto o no, come può egli essere che occulto ti sia il torto che fatto m’è? Oh, e’ pare che le insensibili pietre, non che gli uomini, ne ragionino, per quello che io misera n’ho potuto comprendere venendo qua; ma poi che a voi è occulto, e piacevi di saperlo, io il vi dirò. Ieri si celebrò in Marmorina la gran festa della natività del re Felice, al quale, con alquanti baroni sedendo a una tavola, io fui mandata dal siniscalco con un paone, il quale era avvelenato; e io di ciò non sappiendo niente, fatto quello d’esso che comandato mi fu, io il lasciai davanti al re, e torna’mene alla camera della reina: ove essendo ancora poco dimorata, io fui presa e messa in prigione con grandissimo furore. E sanza volere essere in alcuno atto ascoltata, fui poco inanzi sentenziata a questa morte. Ma se a’ miseri si dee alcuna fede, io vi giuro per la potenza de’ sommi iddii che questo peccato io non commisi, e sanza colpa mi conviene patire la