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fatti sicuro, e te’ questo arco con questa saetta: niuno tuo nimico ti sarà sì lontano, che con questa non l’aggiunghi, solamente che tu il vegga: folle è chi l’aspetta, ardito chi la saetta, e iddio è chi le fabrica; però tieni caro e l’uno e l’altro, acciò che donandoli non te ne avvenisse come alla misera Pocris, la quale molto più lunga vita aspettava, se guardata avesse la saetta che donò a Cefalo. E quella spada, che la mia carissima amica ti recò, non dispregiare, chè niuna arme, fuori che le nostre, è che a’ suoi colpi possa resistere. L’ora s’appressa che noi dobbiamo cavalcare; chiama il tuo compagno, e andiamo -.

Di questo cavaliere si maravigliò molto Florio, però che oltre alla misura degli uomini grandissimo il vedea, ferocissimo nel viso, e tutto rosso, con una grandissima barba, e sì lucente, che appena potea sostenere di mirarlo. Ma udite le sue parole, rallegratosi molto di tale aiuto, quale era il suo, bassatosi in terra gli s’inginocchiò davanti, dicendo: O sommo iddio, sempre sia il tuo valore essaltato, com’è degno; quanto per me si può, tanto più ti ringrazio del caro e buono arco che donato m’hai, e della tua compagnia, la quale a me indegno t’è piaciuto di farmi in questa necessità. Per che io ti priego che tu, come promesso hai, così al mio aiuto sii avvisato in non abandonarmi, acciò che io, tornando a Montoro con l’acquistata vittoria, le mie armi nel tuo santissimo tempio divotamente doni -. E questo detto, si dirizzò in piè, e chiamato Ascalion, disse: Cavalchiamo, che tempo è, e a me pare già vedere