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termine, ma egli a sua posta si partirà. E se alquanto ti tiene più che a Biancifiore non bisogna, a che sarà ella? Certo alla morte! Forse tu ti fidi che gl’iddii ogni volta ti deggiano con nuovi sogni destare? Forse non ti desteranno; e se ti destano, che grado alla tua sollecitudine, più tosto da dire pigrizia? Venus ha infino a qui fatto il suo dovere: se tu a quello ch’ella t’ha detto sarai pigro, ella si riderà di te, e terratti vile, e scherniratti con dovute beffe. Deh, come tu male, se tu soperchio dormi, avrai adoperata la ricevuta spada! Ora non ti stringe amore? Or non t’è a mente Biancifiore? Ogni sollecitudine è testè da te lontana! Ma la misera Biancifiore, forse già fuori della cieca prigione, ode la non giusta sentenza data contro di lei, o forse è vilmente menata allo acceso fuoco; e ripetendo tutte quelle parole che a lei si convengono verso di te dire, va piangendo. Or s’ella muore, che varrà la tua vita? Ella si potrà più tosto dire ombra di morte. Ora se Biancifiore sapesse che un poco di sonno, sopravenuto ne’ tuoi occhi, t’avesse fatto dimenticare li suoi affanni, or non avrebbe ella cagione di non amarti già mai, ma degnamente odiarti? E s’ella morisse, potendola tu aiutare, gran vergogna ti sarebbe, e veramente mai viver lieto non dovresti. Dunque levati su, non vinca il sonno la debita sollecitudine, però che mai nullo pigro guadagnerà i graziosi doni.

Nel piccolo spazio che Florio quivi adormentato stette, gli fu la fortuna molto graziosa, però che a lui parea, così dormendo, con le sue forze avere liberata Biancifiore da ogni pericolo, e con lei essere in un piacevole giardino, pieno d’erbe e di fiori, e di varii frutti copioso, allato a una chiara fontana