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le dava alle non guaste bellezze gran vista. E udendo ella il miserabile giudicio contra lei dato sanza ragione, forte incominciò a piangere e a dire fra se medesima: "Oimè misera, or convienmi elli morire? Or che ho io fatto?". E se non fosse che le sue dilicate mani erano con istretto legame congiunte, ella s’avrebbe i biondi capelli dilaniati e guasti, e ’l bel viso sanza niuna pietà lacerato con crudeli unghie, stracciando i nuovi drappi significanti la futura morte, e avrebbe riempiuta l’aere di dolorose e alte voci; ma vedendosi impedita e circundata da innumerabile popolo, costretta da savio proponimento, raffrenò le sue voci, e sanza nullo romore fra sè tacitamente ricominciò a dire: "Ahi, sfortunato giorno e noiosa ora del mio nascimento, maladetti siate voi! Oimè, morte, quanto mi saresti tu stata più graziosa nelle braccia di Florio, com’io credetti già che tu mi venissi! Deh, ora mi fossi tu almeno venuta in quell’ora ch’io chiamata fui a portare il male avventuroso uccello per me, però che io allora sarei morta onestamente e sanza vergogna d’alcuna infamia. Ahi, anime del mio misero padre e de’ suoi compagni e della mia dolente madre, i quali per me acerba morte sosteneste, rallegratevi, che io, stata di sì crudel cosa cagione, sono punita degnamente. Niuna altra cosa credo che nuoccia a me misera, se non questa, insieme con l’aver portata troppa lealtà e onore a colui che ora mi fa morire. O crudelissimo re, perchè mi rechi a sì vile fine? Che t’ho io fatto? Certo niuna colpa ho commessa, se non che io ho troppo amore portato al tuo figliuolo. Deh, or che mi faresti tu, o più crudele che Fisistrato,