Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/177

e disse ad Ascalion: Caro maestro, niuna vostra parola è caduta, ma da me debitamente ritenute, le credo, ove il bisogno sarà, mettere in effetto; ma caramente vi priego che v’armiate, e vengano i cavalli, e andiamo, però che già mi pare che le stelle, che sopra l’orizonte orientale salivano nel coricare del sole, abbiano passato il cerchio della mezza notte -.

Armossi Ascalion; e mentre che egli s’armava, e Florio andava per l’ostiere ora correndo, ora saltava d’una parte in altra, e tal volta con la celestiale spada faceva diversi assalti. Alcuna volta prendeva la lancia per vedere com’egli la potesse alzare e bassare al bisogno, lanciandola talora; e queste cose così destramente faceva, come se alcuna arme impedito non l’avesse, avvegna che Amore la maggior parte gli dava della sua forza. Di che Ascalion, lodando la sua leggerezza, si maravigliò molto e essendo già egli medesimo armato, tutto solo se n’andò alla stalla, e messe le selle e’ freni a due forti cavalli, li menò nella sua corte; e quivi vestito Florio e sè di due sopraveste verdi, e prese due grosse lance con due pennoncelli ad oro lavorati e seminati di vermiglie rose, ciascuno la sua, montarono i cavalli e sanza più dimorare presero il cammino verso la Braa.

Già Febea con iscema ritondità tenea mezzo il cielo, quando Florio e Ascalion, lasciata la città, cominciarono a cavalcare per li solinghi campi. Ella porgea loro col freddo raggio grande aiuto, però ch’ella mitigava il caldo che le gravi armi porgeano, e massimamente a Florio, il quale di tal peso non era usato, poi facea loro la via aperta e manifesta: di che Florio molto si rallegrava però che già gli parea incominciato