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ora che mi par tempo, e salirò sopra la sua rota; quivi, sanza insuperbire, quanto potrò in alto mantenermi, mi manterrò. E se avviene che alcuna volta scendere mi convenga, con quella pazienza che io potrò, sosterrò l’affanno. Nè mi vogliate fare discredere quello che la vera visione m’ha mostrato, dicendo che i sogni sieno fallaci e voti d’ogni verità: poi che voi non me lo voleste dire, tacete del farmelo discredere, però che io n’ho più testimoni a questa verità, chè principalmente il mio anello con la perduta chiarezza mi mostrò l’affanno di Biancifiore: la celestiale spada, ritrovandomela nella destra mano quando mi svegliai, m’affermò la credenza delle vedute cose e la speranza della futura vittoria. Ma forse voi dubitate di farmi il servigio, e però con tante contrarietà v’andate al mio intendimento opponendo. Onde io vi priego, sanza più andarmi con cotali circustanze faccendomi perder tempo, mi rispondiate se fare lo volete o no: ch’io vi prometto che mai io non sarò lieto, nè dalla mia impresa mi partirò, infino a tanto che io con la destra mano non avrò liberata Biancifiore dal fuoco, e da qualunque altro pericolo le soprastesse -. Quando Ascalion udì così parlare Florio e videlo pur fermo in voler difendere Biancifiore, assai se ne maravigliò del gran cuore che in lui sentiva, e più della nuova visione e della spada a lui donata, la quale non gli parea opera fatta per mano d’uomo, e fra sè disse: "Veramente la fortuna ti vuole recare a grandissime cose, delle quali forse questa fia il principio, e gl’iddii mostra che ’l consentano". E poi rispose a lui: Florio, sanza ragione mi chiami villano e malvagio, però che quel ch’io ti dicea, io nol ti dicea che