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volte ci coronò di diversi fiori, cogliendoli noi con le nostre mani? E ove sono le ricche camere, le quali de’ nostri dimoramenti si rallegravano? Deh, perchè non sono io con teco, così come io soleva, continuamente, o almeno di tanti quanti giorni l’anno volge uno solo? O perchè non mi se’ tu mandata come tu mi fosti promessa? Io credo che ’l mio padre m’inganna, come tu mi dicesti. E tu ora credo che dimori nella gran sala, e dai col tuo bel viso nuova luce a molti, di tal grazia indegni, e a me misero, che più che altra cosa ti disidero, m’è tolto il vederti. Maladetta sia quella deità che sì m’ha fatto vile, che io per paura di mio padre dubito di venirti a vedere, e ora ch’io possa o vederti o esser veduto. Oimè, quanto m’offende quella piccola quantità di via che ci divide! Deh, maladetto sia quel giorno ch’io da te mi partii, che mai alcuno diletto non sentii, posto che tu alcuna volta dormendo io, essendomi tu con benigno aspetto apparita, m’hai alquanto consolato: la qual consolazione in gravoso tormento s’è voltata, sì tosto com’io mi sveglio dallo ingannevole sonno, pensando che veder non ti possa con gli occhi della fronte. O sola sollecitudine della mia mente, gl’iddii mi concedano che io alcuna volta anzi la mia morte veder ti possa; la qual cosa converrà che sia, se io dovessi muovere aspre battaglie contro al vecchio padre, o furtivamente rapirti delle sue case. E a questo, se egli non mi ti manda o non mi fa dove tu sia tornare, non porrò lungo indugio, però che più sostenere non posso l’esserti lontano -. E mentre che Florio queste parole e molte altre sospirando dicea, continuamente al caro anello porgea amorosi baci, sempre riguardandolo