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che i loro cuori, da greve doglia costretti per la futura partenza, paurosi di morire, a sè rivocarono i tementi spiriti, e ogni vena vi mandò il suo sangue a render caldo, e i membri abandonati rimasero freddi e vinti, e essi caddero semivivi, avanti che Florio potesse alcuna parola rispondere. E così, col natural colore perduto, stettero per lungo spazio, sì che chi veduti gli avesse, più tosto morti che vivi giudicati gli avrebbe. Ma dopo certo spazio, il cuore rendè le perdute forze a’ sopiti membri di Florio, e tornò in sè tutto debole e rotto, come se un gravissimo affanno avesse sostenuto, e tirando a sè le braccia, gravate dal candido collo di Biancifiore, si dirizzò, e vide che questa non si movea, nè alcun segnale di vita dimostrava. Allora elli, ripieno di smisurato dolore, appena che la seconda volta non ricadde, e disiderato avrebbe d’esser subitamente morto; ma veggendo che ’l dolore nol consentiva, piangendo forte si recò la semiviva Biancifiore in braccio, temendo forte che la misera anima non avesse abandonato il corpo e mutato mondo, e con timida mano cominciò a cercare se alcuna parte trovasse nel corpo calda, la quale di vita gli rendesse speranza. Ma poi che egli dubbioso non consentiva alla verità, chè forse caldo trovava e pareagli essere ingannato, cominciò piangendo a baciarla, e dicea: Oimè, Biancifiore, or se’ tu morta? Deh, ove è ora la tua bella anima? In quali parti va ella sanza il suo Florio errando? Oimè, or come poterono gl’iddii essere tanto crudeli ch’elli abbiano la tua morte consentita? O Biancifiore, deh, rispondimi! Oimè ch’io sono il tuo Florio che ti chiamo! Deh, or tu mi parlavi ora inanzi