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libro secondo 93


Florio partito molto si turbò nel viso, mostrando il dolore che l’angoscioso animo sentiva. Ma alcuni de’ suoi compagni andavano lasciando i volanti uccelli alle gridanti grue, faccendo loro fare in aria diverse battaglie. E altri con gran romore sollecitavano per terra i correnti cani dietro alle paurose bestie. E cosí, chi in un modo e chi in un altro, andavano prendendo diletto, mostrando a Florio alcuna volta queste cose, le quali molta piú noia gli davano che diletto: perciò che egli talora imaginando andava d’essere stretto dalle braccia di Biancofiore, sí come giá fu, e non gli pareva cavalcare; le quali imaginazioni sovente, col mostrarli le cacce, gli erano rotte. Ma egli poco a quelle riguardando, pur verso la cittá, la quale egli mal volontieri abbandonava, si rivolgeva; e cosí rivolgendosi andò infino che lecito gli fu di poterla vedere. E cosí andando con lento passo, s’era molto avvicinato a Montorio, quando il duca Feramonte, che la sua venuta aveva saputa, contento molto di quella, con molti nobili uomini della terra s’apparecchiò di cavalcare e di riceverlo onorevolmente. E coverti sé e i loro cavalli di sottilissimi e belli drappi di seta, rilucenti per molto oro, circondati tutti di risonanti sonagli, con bagordi in mano, accompagnati da molti strumenti e varii, e coronati tutti di diverse frondi, bagordando e con la festa grande gli vennero incontro, faccendo risonare l’aere di molti suoni.

Quando Florio vide questo, sforzatamente si cambiò nel viso, mostrando quella allegrezza e festa, che del tutto era di lungi da lui; e con lieto aspetto il duca e i suoi compagni ricevette, e fu similmente da loro ricevuto. E con questa festa, la quale quanto piú alla terra s’appressavano tanto piú cresceva, n’andarono infino alla cittá, la quale trovarono per tutte le rughe ornata di ricchissimi drappi, e piena di festante popolo: né veruna casa v’era senza canto o allegrezza. Ogni uomo di qualunque etá faceva festa, e similmente le donne cantando versi d’amore e di gioia. Pervenne adunque Florio con costoro al gran palagio del duca, e quivi con quello onore che pensare o fare si potesse a qualunque iddio, se alcuno in