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libro secondo 63

ardente, la qual la cerva disiderosamente mangiava. E poi gli pareva che questo spirito facesse alla cerva il simigliante, e che fatto questo si partisse. Appresso a questo, egli temendo non il lioncello volesse mangiar la cerva, lo allontanava da sé: e di ciò pareva che l’uno e l’altro si dolesse. Ma poco stando, apparve sopra la montagna un lupo, il quale con ardente fame correva sopra la cerva per distruggerla, e il re gliela parava davanti; ma il lioncello correndo subitamente tornava alla difesa della cerva, e co’ propri unghioni quivi dilacerò sí fattamente il lupo, che egli il privò di vita, lasciando la paurosa cerva a lui che dolente gliela pareva ripigliare, tornandosi all’usato loco. Ma non dopo molto spazio gli pareva vedere uscir da’ vicini mari due girfalchi, i quali portavano a’ piè sonagli lucentissimi senza suono, i quali egli allettava; e venuti ad esso, levava loro da’ piè i detti sonagli, e dava loro la cerva cacciandogli da sé. E questi, presa la cerva, la legavano con una catena d’oro, e tiravansela dietro su per le salate onde insino in Oriente: e quivi ad un grandissimo veltro cosí legata la lasciavano. Ma poi, sappiendo questo, il lioncello mugghiando la ricercava; e presi alquanti animali, seguitando le pedate della cerva, n’andava la dove ell’era; e quivi gli pareva che il lioncello, occultamente, dal cane guardandosi, si congiungesse con la cerva amorosamente. Ma poi avvedendosi il veltro di questo, l’uno e l’altro parea che divorar volesse co’ propri denti. E subitamente cadutagli la rabbia, loro rimandava lá onde partiti s’erano. Ma inanzi che al monte ritornassero, gli pareva che essi si tuffassero in una chiara fontana, dalla quale il lioncello, uscendone, pareva mutato in figura di uno nobilissimo e bel giovane, e la cerva simigliantemente d’una bella giovine: e poi a lui tornando, lietamente li riceveva; ed era tanta la letizia che egli con loro faceva, che il cuore, da troppa passione occupato, ruppe il soave sonno. E stupefatto delle vedute cose si levò, molto maravigliandosi, e lungamente pensò sovr’esse; ma poi non curandosene, venne alla reale sala del suo palagio, in quell’ora che Amore s’era da’ suoi nuovi suggetti partito.