ciascun giorno cresceva, men cara che fosse il suo figliuolo Florio. E veggendo che giá Citerea, donna del loro ascendente, s’era dintorno a loro ne’ suoi cerchi voltata la sesta volta, provvide di volere che, se la natura gli avesse in alcuno atto fatti difettosi, essi, studiando, per la scienza potessero ricuperare cotal difetto. E fatto primieramente chiamare un savio giovane, chiamato Racheo, nell’arti di Minerva peritissimo, gli commise che i due giovanetti affettuosamente dovesse in saper leggere ammaestrare. Appresso chiamato Ascalione, similmente amendui gli raccomandò, dicendo: «Questi siano a te come figliuoli. Niuno costume né alcuna cosa, che a gentili uomini o a donne si convenga, sia che a costoro non insegni, perciò che in loro ogni mia speranza è fissa: essi sono l’ultimo termine del mio disio». Ascalione e Racheo promisero i commessi uficii; e senza alcuna dimoranza incominciò Racheo a mettere il suo in esecuzione con intera sollecitudine. E loro in brieve termine insegnato a conoscer le lettere, fece loro leggere il santo libro d’Ovidio, nel quale il sommo poeta mostra come i santi fuochi di Venere si debbano ne’ freddi cuori con sollecitudine accendere.