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a lui che le può intendere nella comunione della stessa esperienza. E perciò tutti questi episodi che accolgono e ridicono gli echi di una stessa voce, acquistano nel corso del romanzo un carattere di necessitá, come riflesso della sofferenza che accompagna il «pellegrino d’amore»: in definitiva l’errare fortunoso del cavaliere si tramuta in un itinerario sentimentale che conosce soltanto avventure psicologiche e brevi stati d’animo. Il Filocolo può considerarsí come il momento romantico di uno scrittore che col volgere degli anni avrebbe educato la sua grande arte al piú schietto realismo1. Ed è in virtú di questo tono lirico che il mondo della letteratura riacquista una sua palpitante consentaneitá, e, assai spesso, le letture che è facile sorprendere nell’ispirazione di molte pagine, si dimostrano piú congeniali alla condizione morale dello scrittore. Sono quelle opere e quegli autori da cui il BoccacCio non ha soltanto trascelto qualche nome, oppure qualche motivo di facile saccenteria, o anche, in maniera piú larga, qualche pretesto per un’abbondante descrizione, ma ha derivato e come misurato certi toni della sua sensibilitá e certi modi del suo stile: soprattutto Ovidio delle Metamorfosi, ma in particolar modo delle «Epistole amorose» e dell’«Arte d’amare»; Arrighetto da Settimello con i suoi colori elegiaci e tenerissimi; Andrea Capellano, ormai penetrato in tutta la cultura romanza, con i suoi problemi di casistica erotico-sociale, che durante il tardo Medioevo hanno alimentato le varie «questioni» di dialettica amorosa. Proprio quel senso di elegiaco e sospiroso sgomento, che è il colore piú caldo degli amori di Florio, di Biancofiore, di Fileno, di Idalagos, di Galeone, e di tante e tante pagine, sa nutrirsi, oltre che della viva e tormentata esperienza del giovane artista, anche di risonanze letterarie, questa volta piú continue e piú organiche, ma soprattutto piú conformi all’intimo errore amoroso, a cui si abbandona il gusto sentimentale del Boccaccio con una quasi lenta e oziosa compiacenza. Il genio ovidiano vi alita intorno: penetra in ogni pagina, senza che se ne avverta la presenza, talmente è fuso con l’empito passionale che vi si traduce. Sono ovidiani, e anzi ricor-

  1. Per una piú completa analisi dei motivi lirici del Filocolo e in particolar modo sul valore che riveste l’episodio delle «Questioni d’amore» rispetto all’arte piú generale del Boccaccio e specialmente in rapporto al Decameron, si veda S. Battaglia, Schemi lirici nell’arte del Boccaccio, in «Archivum Romanicum», XIX, gennaio-marzo 1935.