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fuse in quasi tutte le letterature europee. In Italia fu rifatta da qualche cantare d’intonazione piú popolaresca (e uno della prima meta del Trecento c’è stato conservato), a cui fa diretta allusione lo stesso Boccaccio (p. 7): e anzi il Crescini ha potuto dimostrare con solide e belle argomentazioni che il Filocolo ignora i testi d’oltralpe e si rifá ai cantari italiani, e precisamente a un poemetto intermedio, composto con molta probabilitá in franco-veneto, e comunque dovuto a quell’ambiente culturale dell’Italia settentrionale, piuttosto guillaresco e popolareggiante, che ritraduceva e riassorbiva gran parte della letteratura francese1.


Il Boccaccio s’è attenuto alla fonte assai fedelmente, se si tien conto dell’intreccio e dei piú minuti particolari, che nel Filocolo ritornano con scrupolosa attenzione; ma ha rielaborato con larga e dotta libertá, ampliando di volta in volta le varie fasi del racconto originario, svolgendo i singoli avvenimenti ciascuno in se stesso, spesso senza riuscire a sentirne o a crearne i rapporti d’interdipendenza. A voler considerare il Filocolo nella sua struttura romanzesca, non se ne vede l’unitá: è dispersivo, troppo episodico, discordante di toni e di proporzioni. Su questi caratteri negativi la critica è stata senipre concorde; ma bisogna subito rilevare che la novella di Florio e Biancofiore anche nei poemetti originali si presenta in forma composita, frutto piuttosto d’un’ispirazione decadente, che intendeva inserire una gentile storia d’amore entro ad un involucro romanzesco e avventuroso, con una arruffata curiositá per motivi di natura pagana e cattolica e con un certo gusto dell’ornamento storico, geografico, esotico. Tutti questi elementi che denotano nella stesura primitiva una cultura letteraria deteriore e un’ispirazione confusa, ritornano nel Boccaccio ampliati e accentuati, cosicché il difetto originario è reso piú patente, e però piú profondo, dalla stessa vigorosa capacitá narrativa dello scrittore italiano. E le discordanze che nella fonte erano attenuate dal tono stilistico rapido e facile, nell’ampia parafrasi del Boccaccio sono messe allo scoperto dalla

  1. Vedi Crescini, Il cantare di Florio e Biancifiore, I, Bologna, 1889 (con una esauriente analisi delle varie redazioni europee, oltre che italiane), II, Bologna, 1899 (il testo del cantare italiano). Per una precisa, lucidissima e personale valutazione del Filocolo e dei suoi problemi, cfr. N. Sapegno, Il Trecento, Milano, 1934, pp. 296-304, con una completa bibliografia.