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54 | il filocolo |
ti dovrebbe tornare nella mente del forte animo che Orazio Pulvillo, appoggiato alla porta del tempio di Giove Massimo, udendo la morte del figliuolo, ebbe; e come Quinto Marzio, tornato da’ fuochi dell’unico figÌiuolo, diede quel giorno senza lagrime le leggi al popolo. Questi e molt’altri vostri antichi avoli con fermo animo nell’avversitá mostrarono la loro virtú, per la quale il mondo lungamente si contentò d’essere corretto da cotali reggitori. Or dunque se da cotal gente hai tratta origine, si disdicono a te, piú che ad un’altra, le lagrime. Non credi tu che essi nelle loro avversitá sostenessero doglia, sí come tu fai? certo sí fecero, ma essi vollero seguire piú la magnanimita de’ loro nobili animi, i quali conoscevano la natura delle caduche e transitorie cose, che la pusillanimitá della misera carne, acciò che le loro operazioni fossero esempio a’ loro successori in ciascuno atto». Queste e molte altre parole usava spesso la reina a conforto di Giulia.
La quale, conoscendo veramente che la reina l’amava molto, e che da grande amore procedevano queste parole, le quali vere la reina le diceva, cominciò a prender conforto e a porre termine alle sue lagrime. E per fuggire l’ozio, il quale di trista memorazione de’ suoi danni le era cagione, con le proprie mani, lavorando sovente, faceva di seta nobilissime tele di diverse imagini figurate, appetto alle quali, o misera Aragne, le tue sarebbero parute offuscate di nebulose macchie, sí come altra volta parvero, quando con Pallade avesti ardire di lavorare a prova. Queste opere aveano senza fine moltiplicato l’amore della reina in lei, perciò che molto in simili cose si dilettava. Onde, come l’amore, cosí l’onore a lei e alle sue compagne moltiplicare fece.
Non parve a Plutone avere ancora fornito il suo iniquo proponimento, posto ch’egli avesse con le sue false parole commosse l’occidentali rabbie sopra gl’innocenti romani; anzi, poi ch’egli ebbe nel cospetto del re Felice lasciato disfatto vilmente il falso corpo, un’altra volta riprese forma d’una giovane damigella di Giulia, chiamata Glorizia, la quale con lei ancora viva dimorava, e con sollecito passo entrò nell’ampio