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libro quinto 561

virtú, nella quale gli altri uomini passiamo, anzi molte volte meglio che gli altri la nostra casa reggere non sapremmo, ma per divina grazia l’abbiamo a reggere e reggiamo. E però che graziosamente ricevute l’abbiamo, graziosamente ritenere e dare le dobbiamo. Adunque onestamente vivi, e altrui non ledere, e a ciascuno quello che è suo dá. E onora la tua madre sopra tutte le cose del mondo, acciò che per la sua benedizione, quando all’infallibile passo mi seguirai, meriti l’eterna gloria. E i tuoi figliuoli correggi e gastiga ne’ teneri anni, e ne’ virtuosi costumi gli fa esperti, acciò che la loro vita ti sia consolazione. E priegoti che l’anima mia, di me vecchio tuo padre, la quale in tanto t’ha sopra tutte le cose amato, che spesso per te sé a se medesima è uscita di mente, ti sia raccomandata». E queste parole dicendo, allentando a poco a poco la voce, finí le sante ammonizioni. E data al figliuolo la sua benedizione, e teneramente con lagrime baciatolo, gridò: «Io me ne vo»: e seguí poi: «O signor mio, ricevi nelle tue mani l’anima del tuo servo». E cosí dicendo rendé l’anima al suo Fattore. La qual cosa veggendo Florio, con pietosa mano, chiuse gli occhi al morente padre, e piangendo i lieti vestimenti abbandonò, e pigliò i lugubri con molti compagni, tra’ quali Menilio similmente li prese.

Ilario, il quale con somma sollecitudine avea al vecchio re i santi sagramenti della chiesa con divozione donati, poi che della presente vita passato il vide, sí come a Florio piacque, secondo la romana consuetudine mise in ordine le grandi esequie; e con molto onore, sí come a tanto re si conveniva, il fece sepellire nella maggior chiesa della cittá.

Pianselo Florio molti giorni; ma venuto il tempo che le lugubri vesti lasciare si doveanno e Florio fu riconfortato, i baroni e i grandi uomini del suo reame vennero nella sua presenza, acciò che, egli presa la corona, la debita fedeltá gli giurassero. Alla quale coronazione Florio fece chiamare Biancofiore, a cui la morte del re era per l’amore di Florio assai doluta, e con lei venne la valorosa donna Cloelia, e Tiberina, e Glorizia e altre donne di Roma, le quali Quintilio con