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libro quinto 557

e quanto puoi la fuggi, però che ne’ suggetti, seguendola, suole ribellazioni e indegnazioni di animo e inobbedienze generare: e poche cose sono nel cospetto di Dio tanto noiose quanto quella, però vivi umilmente, e co’ tuoi suggetti sii quanto si conviene familiare. Né l’iracundia sia o duri in te, la quale suole inducere subiti movimenti e sconci, li quali, poi passata, sogliano dolere. Niuna vendetta sia da te presa adirato, perciò che l’ira ha forza d’occupare l’animo sí che egli non possa discernere il vero: dunque passata quella, con discrezione procedi sopra quello per che t’adirasti. E ben che talora sia tal fallo, che aspra vendetta meriti, mitiga i tormenti, e dove si conviene perdona volentieri: egli è a’ signori gran gloria l’aver perdonato. Non ti muova invidia a dolerti degli altrui beni: ella suole, mostrando gli altrui regni piú che i suoi ubertosi, fare senza utilitá dolere altrui de’ beni del prossimo, e per conseguente disiderare la sua rovina: e di quella s’avviene fare lieto altrui. O che iniqua letizia è questa, e quanto da fuggire, con ciò sia cosa che le vie della fortuna sieno molte e varie, e trasbocchevoli i suoi movimenti! Tal rise giá degli altrui danni, che de’ suoi dopo picciol tempo pianse, e funne riso. Dolersi con giusto animo dell’altrui calamitá non fu mai male. Rallegrati adunque dell’altrui bene, e di quelli che tu possiedi ringrazia Dio. L’avarizia, divoratrice e insaziabile male, del tutto da te fa che lontana sia. Piú che tu abbia non t’è di necessitá disiare. I termini del tuo regno gran circuito occupano, i quali, se tu me ne crederai, d’ampliarli non entrerai in sollecitudine: spesse volte, per aver l’uomo piú che si convenga, quello che convenevolmente aveva, ha perduto. Né ti metta costei in disiderio di ragunar tesori, i quali amara sollecitudine sono dell’uomo: e, per quelli multiplicare in alto monte, fa fare forze a quelli i quali piú tosto per la loro vita poter governare ne bisognerebbero, che esser loro tolti quelli che hanno. Dispettevole cosa è nel prencipe l’avarizia, però che dal luogo ove essa dimora conviene che giustizia si parta. Grandi furono i miei tesori, né quelli vivendo ho spesi, né ora morendo mi