Pagina:Boccaccio - Filocolo (Laterza, 1938).djvu/543


libro quinto 539

cavalcarono infino all’entrata della nobile cittá. Quivi Vigilio, sommo pastore, giá venuto trovarono, al freno del cui cavallo videro Bellisano e Tiberio nobilissimi romani: il quale come Filocolo di lontano vide, lasciate le donne, da cavallo dismontò, e, inginocchiandosi, gli fece debita riverenza, e poi umilmente a baciargli i piedi corse. Poi volto a Bellisano, il quale egli ben conosceva, inchinandosi molto, l’abbracciò, e poi dirizzandosi si baciarono e fecersi graziosa festa, e Tiberio fece il simigliante: e Biancofiore similmente a cavallo discesa, e trattasi la ricca corona, di lontano debita riverenza fece al santo padre. Al freno del quale, rinunziandolo Vigilio, Filocolo con Bellisano volle essere, reputando sconvenevole cosa che il figliuolo di tanto imperatore andasse a piè ed egli a cavallo, e, concedendolo Tiberio, vi fu: e cosí infino.al santo tempio, ove la predicazione della santa fede udita avea da Ilario, andarono, al quale tutta Roma era corsa per veder lui e Biancofiore similmente. Quivi pervenuti, ognuno dismontò da cavallo, ed entrò nel santo tempio, ove onorevolmente da Ilario era apprestata la santa fonte con l’acqua per battezzarli, nella quale prima che altro si facesse, Filocolo e il piccolo Lelio e tutti i suoi compagni, nel cospetto di tutti i romani, da Vigilio ricevettero, nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo, il battesimo, confessando la santa credenza, e rinúnziando la iniqua legge. Nella qual fonte Filocolo il suo appositivo nome, cioè Filocolo lasciò, e Florio, suo nome naturale, riprese. Biancofiore similmente con le sue donne in piú segreta parte simile lavacro con divoto core ricevette, e rivestiti tutti, con la benedizione del santo padre si partirono. E accompagnati da Bellisano, da Tiberio e dagli altri romani prencipi, con grandissimo onore e festa, a’ grandi palagi di Menilio pervennero.

Quivi pervenuti e saliti alle gran sale, si ricominciarono le mirabili carezze e feste. E Menilio e gli altri, parlando con Ascalione, escono di dubbio udendo la cagione per che l’altra volta a loro si tenessero celati: e rimasti contenti, niuno ad altra cosa che a festeggiare intende. Florio, dell’avvenute