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510 | il filocolo |
usate si dolse, e piú che mai le biasimò, e poi con turbato viso gravemente riprese il suo maestro riducendogli a memoria ciò che per adietro sconciamente della giovane aveva parlato, e disse che meritamente gl’iddii dovriano a costoro notificare chi tu se’, acciò che dove tu onore ricevi, fossi, come hai servito, guiderdonato. Poi con piú temperato viso disse: «Veramente io dubito che conosciuti siamo in questo luogo, perciò che costoro hanno sangue romano: essi non rimettono mai l’offese in oblio senza vendetta. Se io forse da loro fossi conosciuto, io credo che non mi riguardassero perch’io loro congiunto sia: ma com’io mi potrò ancora partire senza la loro pace, o almeno senza la loro conoscenza, la quale io in niuna parte posso meglio che qui trattare?». Ascalione, che tutte le sue parole ascoltava, e niente si turbò per riprensione udita, però che giá debita compunzione per se medesimo aveva presa della commessa colpa, cosí gli disse: «Filocolo, tu e i tuoi compagni siete giovani, e per diverse parti del mondo sconosciuti siete pellegrinanti, per la qual cosa alcuna persona non è che vi riconosca per quelli che siete: però se di qui partirti disideri, far lo possiamo, né fia chi saputo abbia chi voi siate. Se la conoscenza e la pace de’ tuoi parenti disideri, non è prima da chiederla che i loro animi si conoscano: e però taciti dimoriamo come infino a qui dimorati siamo, e infino a tanto che mi parlano d’alcuna cosa per la quale io possa a ragionare de’ tuoi fatti debitamente venire, o che io, eleggendo debito tempo, ne parli a loro, o che alcun’altra via ci si prenda migliore, per la quale i loro intendimenti possiamo conoscere, li quali conosciuti, quello che operare deggiamo conosceremo». A questo s’accordò Filocolo, e lasciarono il lungo consiglio.
Dimorando adunque costoro, per conoscere di loro operare il meglio, Filocolo solo con Menedon dall’ostiere si partirono un giorno, e soletti andavano le bellezze di Roma mirando, le quali saziare non si potevano di guardare, lodando la magnanimitá di coloro che fatte l’aveano fare e de’ facitori il magistero. E cosí andando pervennero al bellissimo tempio,