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libro quinto 507

niuna cosa a resistenza de’ nimici valeano, a ciascuno uomo all’arme possente in prima donò arme, mostrando a loro con poca fatica come vestire e usare le dovessero, e poi riparò il vecchio tempio con gran divozione dedicandolo a Giove; e quivi i sacerdoti ordinò, ammaestrati a sacrificii statuiti per lui al sommo Giove; e similmente i giuochi da Filocolo ordinati rinnovò, e quelli comandò che si facessero ciascun anno, entrante il sole nel suo Leone. Queste cose cosí fatte, gli piacque nella piú alta parte della sua terra edificare a sé reale abituro, il quale magnifico fece, e, sopra esso dimorando, . potea tutto il suo popolo vedere: nella gran corte del quale aveva ordinato di dare leggi al popolo, per le quali esso debitamente vivesse. E giá veggendo a ciascuno avere la rustica casa in bello abituro conversa di pietre e di mattoni cotti a simiglianza del suo, e le rughe essere diritte e piene di popolo contento, volle loro dare modo di vestimenti, e diede, acciò che uomini e non selvagge fiere paressero. Similmente statuí loro ferie, nelle quali cessare le fatiche dovessero e darsi a’ riposi; ed egli similmente a diversi studii delle liberali arti ne dispose alcuni, e altri alle meccaniche. E nel lungo spazio volle che con ordine costoro serrati nel picciolo cerchio, sicuri la notte dormissero contenti di tal reggimento, e conoscenti che divenuti erano uomini per la discrezione e sollecitudine di Galeone: ed egli similmente di tali subbietti si contentava, vedendogli abili e disposti a qualunque cosa che egli voleva. Che piú dirò di lui? Egli in tale ordine e disposizione il luogo recò in pochi anni, che le mura ampliare si convennero, le quali poi invidiate ne’ futuri tempi, miseramente caddero sotto altro duca.

Il pellegrino Filocolo in pochi giorni pervenne a Roma, e in quella tacitamente entrò; e sí come a lui piacque, in un grande ostiere smontò vicino agli antichi palagi di Nerone, e quivi dimorò alcun giorno, senza essere conosciuto. Avvenne che andando Filocolo con Ascalione e col duca e con Fileno e con gli altri in pellegrina forma, vedendo le mirabili cose di Roma, Menilio Africano, a Lelio stato fratello, si scontrò