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libro quinto | 495 |
cacciare m perdizione la gente che ivi vedete, la quale nuovamente venuta qui, un poggio simile al nostro, che in nostra iurisdizione era, s’ha preso, e abitalo oltre il nostro volere, e chiamansi Cireti. I quali, sí come voi vedete, a contradirci il passo qui a fronte a noi sopra la rivera si sono posti, né in alcuna parte possiamo su per quello andare che essi non ci vengano tuttavia davanti. Il gran romore che fu poco avanti fu per due che nell’acqua si combattevano, a conforto de’ quali ciascuno col gridare aiutava il suo, ma ultimamente il nostro ebbe vittoria, per che di quercia l’incoronammo, come la vedere il potete». Disse allora Massalino: «Secondo ch’io avviso, voi dovreste con pace poter sostenere che coloro abitassero il loro poggio, per che sí gran popolo non mi parete che soperchio terreno senza quello che coloro hanno preso non abbiate, ma ne avete tanto che senza coltura la maggior parte veggiamo». «Certo» disse il villano, «piú contrarieta di sangue che vaghezza di terreno ci muove a queste brighe, per mio avviso.» «Che contrarietá di sangue» disse Massalino, «è tra voi? Non siete voi tutti uomini, e _in una contrada abitanti, e in un luogo?» «No», rispose colui; «noi fummo dell’antica cittá di Fiesole, e allora di quella uscimmo quando Catelina, de’ nostri mali singulare cagione, superato da Antonio e da Afranio ne trasse i nostri antichi, i quali della mortale battaglia appena campati qui fuggirono, e quasi in dubbio della loro salute abitarono quel poggetto che davanti vi dissi, sotto quel nome che avete udito che ci chiamiamo. Ma costoro, non è gran tempo passato, quando Attila guastò la nuova cittá da’ romani fatta a’ piè della nostra, temendo le fiamme e l’ira del tiranno, qui fuggirono, e senza alcuno congedo abitarono il paese prima da noi occupato: per che noi, a giusta ira mossi, ogni anno a quello che ora ne vedete ne siamo e saremo infino a tanto o che noi di questo paese fuggendo gli cacceremo o che essi noi e le nostre case renderanno vinti.»
Udite queste cose, il duca Feramonte e Massalino si partirono da loro e tornarono a Filocolo, e ciò che udito avevano