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libro quinto 483

di quella’. E mentre che egli queste parole diceva, il miserabile corpo a poco a poco stremandosi, li suoi membri riduceva a questa forma che voi vedete questo granato. Né prima che in questo albero fosse mutata, le fu possibile dire una sola parola, e manco poi.

Asenga, nel mezzo di queste due, paurosa né fuggiva, né chiedeva mercede. E chi poria davanti dell’ira degl’iddii fuggire? La Luna turbata le sopravvenne, dicendo: ‛O misera, quale cagione a contaminare la nostra bellezza ti mosse? Mai da noi offesa non fosti, fuori solamente se noi a’ tuoi furtivi amori avessimo giá porta luce, fuggendola tu; ma perché di ciò a te dispiacessimo, ad infinita gente ne piacevamo: né però fu che alcun tempo a te, e all’altre di ciò dilettandosi, non lasciassimo luogo atto a’ vostri falli. Tu noi mille forme mutare in un mese confessi, tra le quali una volta bella e non piú appariamo, e a te continua bellezza essere affermi; ma tu in picciolo pruno voltata, partorirai fiori alla tua bellezza simili, i quali di mostrare quella una volta l’anno saranno contenti, e poi che le loro frondi poco durabili cadute saranno, e in quel colore che per eclissi ne dicesti rivolgere, maturandosi le tue bocciole, torneranno: e quelle tanto dal tuo pedale sieno guardate, quando le frondi, di verdi in gialle divenute, fieno dal primo autunno percosse’. E questo detto, il bel corpo in gracile frutto mutossi, a cui le gambe in pilose barbe e le braccia in pungenti rami, e la verde vesta in verdi frondi si mutarono, e ’l candido viso e le belle mani bianche rose sopra quelle rimasero in questo luogo.

Diana, la cui ira non molto era mancata, stette sopra la timidissima Annavoi, dicendo: ‛Ancora che la vendetta s’indugi, non menoma il dolore del dolente ricevitore di quella. Tu perfida ucciditrice de’ miei soggetti, sempre il commesso male mostrerai. Tu in esiguo corpo e debile a ciascuno offenditore, ti muterai, e nella sommitá di quello partorirai un fiore chiuso, il quale in cinque frondette verdi mostrerei le tre varie etá de’ miei sudditi, e aperto paleserei li mal tolti tesori, dintorno a’ quali i cinque cuori de’ miei soggetti si vedranno’;