Pagina:Boccaccio - Filocolo (Laterza, 1938).djvu/48

44 il filocolo

Lelio, il quale di molti morti nemici morto attorniato giaceva, quivi sopr’esso semiviva piangendo cadde; e dopo picciolo spazio drizzatasi, piangendo amaramente si cominciò a battere il chiaro viso con le sanguinose mani e a graffiarsi le tenere gote. E avevasi giá si concia, che tra il vivo e ’l morto sangue che sopra il viso le stava, non Giulia, ma piú tosto uno de’ brutti corpi morti nel campo pareva. Ella non si curava di bagnare il suo viso nell’ampie piaghe di Lelio, anzi l’aveva giá quasi tutte piene d’amare lagime. Ella spesse volte il baciava e abbracciava strettamente, e nell’amaro pianto, riguardandolo, diceva cosí: «Oimè! Lelio, dove m’hai tu abbandonata? ove m’hai tu lasciata tra gente barbarica diversa da’ nostri costumi, de’ quali io alcuno non conosco? Almeno mi facesse Giove tanto di grazia, che la loro crudeltá fosse con le loro mani adoprata in me, sí come essi l’operarono in te; ma il feminile aspetto porta pietá in quelli petti ov’ella non fu mai. Almeno sarei io piú contenta che la mia anima seguisse la tua ovunque ella andasse, che rimaner viva nella mortale vita dopo la tua morte. Deh! perché non fu lecito al tuo virile animo di credere al feminile consiglio? Certo tu saresti ancora in vita, e forse per lungo spazio saremmo insieme vivuti lieti. Dove fuggí la tua pietá, quando tu in dubbio di morte nelle feminili braccia mi lasciasti di lungi dalle tue schiere? Come non aspettasti tu che io almeno t’avessi veduto prima che tu fossi entrato nell’amara battaglia, e che io con le proprie mani t’avessi allacciato l’elmo, il quale mai per mia volontá non sarebbe stato legato, perciò che io conosceva sola la fuga essere rimedio alla nostra salute? O me dolente, quant’è sconvenevole cosa volere adempiere l’uomo i suoi desiderii contra il piacer di Giove! Noi desiderammo miseramente i nostri danni in quell’ora che noi dimandammo di aver figliuoli, i quali se convenevole fosse suto che noi dovessimo avere, quella allegrezza Giove senza alcun voto ci avrebbe conceduta. O iniquo pensiero, o sconvenevole volontá, recate la morte a me, che non l’ho meno meritata che costui; o almeno, o dolorosa fortuna, mi fosse stato lecito di pararmi dinanzi a’ crudeli colpi, i quali