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libro quinto 469

E come dagli altri qui venienti odo varii ragionamenti, cosí li loro e le loro contenzioni e le battaglie de’ loro animali spesso sento, e di me hanno fatto prigioniere del perditore: tra’ quali ragionamenti, molti, e non so di che gente, un giorno qui se ne vennero, a’ quali quasi interi i vostri casi udii narrare, forse non credendo essi essere uditi, i quali non minori che i miei riputai; e fummi caro ascoltargli, sentendo che solo negli amorosi affanni non dimorava». Queste cose udite, parve a Filocolo di partirsi, e disse: «Idalagos, gl’iddii quella perfetta consolazione che tu disideri ti donino, sí come tu hai a noi delle dimandate cose donata. Noi, costretti dalla sopravvenente notte, piú teco non possiamo stare, e però ti preghiamo che se per noi alcuna cosa fare si può che in piacere ti sia, la ne dica, con ferma speranza che fornita sia giusto il potere nostro». «Assai potreste fare» rispose Idalagos, «e però che nella vostra gran nobiltá confido, vi farò un priego: com’io poco avanti vi dissi, io amai una donna, dalla grazia della quale abbandonato, disiderando in essa ritornare, porsi prieghi e lacrime infinite, le quali la durezza del core di lei niente mutarono, per che io sono in questa forma. Poco tempo appresso la mia mutazione, avvenne che giovani a me carissimi, e consapevoli de’ miei mali, qui si raunarono, e quasi, come se a me parole porgessero, credendomi della vendetta degl’iddii rallegrare, dissero la bella donna in bianco marmo essere mutata, allato a una piccola fontana di acqua chiara, dimorante nelle grotte del duro monte Barbaro a mano sinistra, passata la grotta oscura. Della qual cosa io non lieto, anzi dolente fui, pensando che se avanti dura era a’ miei prieghi stata, omai pieghevole non saria; ma di ciò sono incerto, e però la speranza del piegare non ho lasciata, perché io vi priego che, quando verso la cittá andrete, non vi sia noia il visitare la fresca fontana, e quelle parole di me porgete alla bionda pietra che pietá vi consentirá. Né vi partite prima di qui, che il pezzo della dura scorza tolta a me dal vostro dardo sia al luogo renduta: poi con la grazia degl’iddii lecito vi sia l’andare». Udito questo,