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LIBRO QUINTO
Aspro guiderdone porgevano i cieli sopra i parenti di Filocolo per le loro operazioni. Essi, per la partita di lui rimasi con dolore inestimabile, spendevano li loro giorni in lagrime e in prieghi: la superflua malinconia di loro medesimi faceva loro perdere ogni sollecitudine. I reali visi, con miserabile aspetto, mostravano avere la dignitá perduta. I pianti avevano inasprite le guancie, e il dolore aveva congiunta la dolente pelle con l’ossa. E i capelli e la barba piú bianchi che non solevano, davano de’ pensieri e degli affanni convenevoli testimonianze; e i vestimenti oscuri, portati piú lunga stagione che la loro grandezza non dava, non lasciavano loro né altri rallegrare. Essi, ben che co’ corpi ne’ loro palagi dimorassero, seguivano con la mente il caro figliuolo, faccendo del suo cammino diverse imaginazioni, sempre temendo. Non udivano alcuna novella da alcuna parte, che essi di lui non dubitassero: e gl’infiniti pericoli ne’ quali i pellegrinanti possono incappare, tutti per lo petto loro si rivolgevano, con paura non forse in alcuno incappasse il loro figliuolo. Similemente dubitando del luogo dove la sua Biancofiore ritrovasse, non forse fosse tale che grave danno ne gl’incontrasse, o che, non potendola riavere, di dolore morisse, o disperato a loro mai non reddisse: e quasi di lui senza alcuna speranza di bene viveano, vedendo o con imaginazione o per visione quasi ciò che nel suo cammino gli avvenne.