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422 | il filocolo |
doglia, alzava gli occhi, rimirando nel viso Filocolo, per vedere se a lui, sí come a lei, doleva, disiderando d’avere piú di lui che di sé compassione, e vedendolo solamente senza lagrime turbato, si maravigliava, e non meno le piaceva vedendolo, ben che in mortale pericolo si vedesse, che piaciuto le fosse qualora piú lieti mai si videro. Ma pensando che brieve tale diletto conveniva essere per la sopravvegnente morte, mossa da compassione debita, cosí cominciò fra sé a dire:
«O nemica fortuna, qual peccato a sí vile fine mi conduce, avendomi in vita tenuta con piú miserie ch’altra femina? Qual sia non conosco. Io misera, composta da Clotos, fatale dea, nel ventre della mia madre, fui cagione del crudel tagliamento fatto del mio padre, e per conseguente, nella mia venuta nel tristo mondo, cacciai di vita la dolente madre, sí che impossibile mi fu di conoscere i miei genitori: e nata serva, mai la mia libertá non fu ridomandata. E ora gl’iniqui fati, di nuocermi apparecchiati, mi recano a peggio. Io, formata bella dalla natura, fui a me per la mia bellezza cagione d’eterni d’anni, dove all’altre ne sogliono graziosi meriti seguitare. Se io fossi di turpissima forma stata, lo indivisibile amore, tra me e Florio generato per uguale bellezza, ancora saria ad entrare ne’ nostri petti: e cosí io non sarei stata dal suo padre odiata e condannata alle prime fiamme, né sarei stata comperata prima da’ mercatanti e poi dall’amiraglio; ma ancora mi sarei nelle reali case, e cosí fuori di pericolo io e altri sarebbe. O bellezza, fiore caduco, maladetta sia tu in tutte quelle persone a cui nociva t’apparecchi d’essere! Tu principale cagione fosti dello ardente amore che costui mi porta; tu gli levasti la luce dell’intelletto, e la ragione, per la quale conoscere doveva me, femina vile, non essere da essere amata da lui; tu di migliaia di sospiri l’hai fatto albergatore; tu degli occhi suoi hai fatto fontane di dolenti lagrime; tu gl’infiniti pericoli gli hai fatti parer leggieri, per venirti a possedere: e ora posseduta, a questo vilissimo fine l’hai condotto. Ahi, dolorosa me, perché insieme con la mia madre non morii quando io nacqui? Quanti mali sariano per un solo spenti!