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420 il filocolo

che vita mi fallisse. Oh, quante volte sarei io potuto morire con minor doglia che ora non morrò, e piú laudevolmente, se tu, o iniquissima dea, avessi sostenuto che io, la prima volta che da costei mi partii, fossi nelle sue braccia morto, sí com’io cercava, sentendo io per la mia partita intollerabile dolore: gl’iddii infernali avriano presa lieta la mia anima! O almeno m’avesse la giusta lancia del siniscalco passato il cuore, quando con lui, mai piú non usato all’arme, combattei! O mi fosse stato lecito l’uccidermi, quando costei tanto piansi, credendola morta! Almeno qualunque di queste morti presa avessi, nel cospetto della mia madre sarei morto, ed ella col mio padre insieme il pietoso uficio avrebbero operato, guardando poi le mie ceneri con pietoso onore, le quali mai non rivedranno, se Eolo con le sue forze non le vi porta mescolate con ravvolti nuvoli e con la non conosciuta arena. Ora, se tu forse questa misera grazia agl’indegni parenti non volevi concedere, perché nelle marine onde, dove la spaventevole notte, della quale io ho poi sempre avuto paura, tanto mi spaventasti, non mi facevi ricevere dai marini iddii? E ben che assai mi fosse stata dura la morte, perché piú presso era a’ miei disiri, l’avrei piú tosto voluta, quando nelle tue mani mi rimisi, nascondendomi sotto le frondi mobili sí come tu. Perché allora cosí la persona mia, come i capelli, non palesasti agli occhi del nemico? Tu, crudelissima, da questi e da molti altri pericoli m’hai campato, non per grazia ch’io aggia nel tuo cospetto avuta, ma per conducermi a piú dispregevole fine, sí come ora hai fatto. Certo tutto questo mi saria assai meno grave a sostenere: se a sí fatta vergogna mi vedessi solo. Oimè, quanto m’è grave a pensare che colei cui amo sopra tutte le cose del mondo, colei per cui i passati pericoli mi sono paruti leggieri a sostenere, colei che me piú che sé ama, mi sia compagna a sí vile morte! O Filocolo, piú ch’altro uomo misero, hai tu tanto affanno durato per conducere la innocente giovane a sí vile fine? Ella muore per te, e per te un’altra volta a simil morte fu condannata, per te venduta, e ora per te vituperata. La fortuna forse verso lei pacificata, apparecchiava degna feli-