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per voi porto, per voi non pèra». E non potendo avanti parlare, stretto da’ singhiozzi del pianto, si tacque.

Il castellano ascoltò questo con intero intendimento; e raccolto tutto in sé, cosí fra sé cominciò a dire: «Ben m’ha costui con sottile ingegno recato a quello che io non credetti mai che alcuno mi recasse, ma avvegna che vole, io terminerò i suoi affanni a mio potere. Di ciò mi può la fortuna far poca noia, se contra me per questo si volesse voltare. Io sono omai vecchio, né mai notabil cosa per alcuno feci: ora nella fine de’ miei anni, in servigio di sí nobile giovane come costui è, voglio il rimanente della mia vita mettere in avventura. Se io il servo e campo, gran merito appo gl’iddii acquisterò, e se io per servirlo muoio, la fama di tanto servigio toccherá l’uno e l’altro polo con eterna fama». Cosí adunque deliberato di fare in se medesimo, riguardò Filocolo nel viso: e veggendo le sue lagrime e gli ardenti sospiri, non si poté per pietá tenere, ma con lui pianse. E dopo alquanto cosí gli cominciò a parlare:

«Filocolo, con sottile arte hai rotto i miei proponimenti, e certo la tua nobiltá e la pietá delle tue lacrime hanno piegato la mia durezza: e però confortati. Io disidero di servirti, e di ciò che pregato m’hai senza fallo ti servirò. Aiutinci gl’iddii a tanta impresa, e la fortuna, nelle cui mani ci mettiamo, non ti sia avversa. Non lagrimare piú, ma alza il viso, e ascolta quale via sia piú da noi da esser tenuta». Piacquero a Filocolo queste parole, e alzò il viso. A cui Sadoc disse: «Giovane, io in brieve spazio di tempo per la mia mente molte vie ho cercate per recare cosí alto disio, com’è il tuo, ad effetto, né alcuna ne trovo che buona sia a tal cosa recare a fine se. non una sola, la quale è di non picciolo pericolo, ma di grande. Tu hai grande cosa addimandata, alla quale per picciolo affanno pervenire non si può, e però ascolta. Se a te da il cuore di metterti a tanta aventura, io mi sono ricordato che di qui a pochi giorni in queste parti si celebra una festa grandissima, la quale noi chiamiamo de’ cavalieri. In quel giorno i templi di Marte e di Venere sono visitati con fiori e con