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36 il filocolo


Non credo che ancora i giovani compagni di Lelio avessero ripreso nelle destre mani le loro lance, ripieni per le udite parole di vigoroso ardire e disideranti di combattere con la non conosciuta gente, quando a loro il nimico esercito si scontrò molto vicino, tanto che i dardi di ciascuna parte potevano, essendo gittati, ferire i loro avversarii. Gli acuti raggi del sole, il quale aveva giá dissolute le noiose nebbie, gli lasciavano insieme apertamente vedere, e quelli, che fidandosi della loro moltitudine erano discesi del monte senza alcuno ordine, credendo i loro avversarii trovare improvvisi, vedendogli armati e con aguzzata schiera, superbi negli aspetti, aspettarli fermati, dubitarono di correre alla mortale battaglia cosí subiti. I divoti giovani stavano feroci avendo giá dannata la loro vita, sicuri della battaglia, e impalmatasi la morte anzi che cominciare vilissima fuga: e niuno romore avverso rimosse le menti apparecchiate a grandi cose. Lelio allora davanti a tutti i suoi, con dovuto ordine, a picciolo passo mosse la prima schiera, la quale Sesto Fulvio guidava, e con aperto segno manifestò all’altre che senza bisogno non li seguissero. E giá innumerabile quantitá di saette e d’appuntati dardi era sopra i romani giovani discesa, gittata dagli archi di Partia e dall’ arabe braccia, quando Lelio, nell’animo acceso di maravigliosa virtú, mosso il possente cavallo, dirizzò il chiaro ferro della sua lancia verso un grandissimo cavaliere, il quale per aspetto pareva guidatore e maestro di tutti gli altri, al quale niuna arme fè difesa, ma morto cadde del gran destriero. Questi portò in prima novelle, dell’iniqua operazione commessa da Plutone, a’ fiumi di Stige; questi in prima bagnò del suo sangue il mal cercato piano e li romani ferri. Sesto, che appresso Lelio correndo cavalcava, ferendone uno altro, diede compagnia alla misera anima. E de’ valorosi giovani seguenti i loro capitani, niun ve n’ebbe che men buono principio facesse che Lelio, ma tutti valorosamente combattendo, abbattuti i loro scontri, cavalcarono avanti. Essi aveano la maggior parte di loro, per difetto delle rotte lance, tratte fuori le forbite spade, le quali percosse da’ chiari raggi del sole riflet-