Pagina:Boccaccio - Filocolo (Laterza, 1938).djvu/376

372 il filocolo

ciò ch’io ti dimanderò, se lecito t’è il dirlomi. Dimmi qual cagione è in te che si occupato tiene il tuo viso, il quale ha potenza di porgere p i eta nel core a chi ti mira». Riguardando Filocolo costei nel viso, e vedendola gentilesca e bella e di costumi ornata e pietosa di sé, dopo un sospiro cosí le rispose: «Gentil donna, appena ch’io speri mai che gl’iddii alcuna cosa che mi contenti mi concedano, per che io per questo giá poco mi curerei la cagione della mia malinconia narrarvi; ma il gentilesco aspetto di voi ad ogni vostro piacere adempiere mi costringe, per che io la vi dirò, ben che mai non trovai a cui p ieta di me venisse se non a voi. Il pensiero che si malinconioso il mio aspetto vi rappresenta è che dagl’iddii e dagli uomini del mondo abbandonato mi trovo in questo modo. Io povero giovane e pellegrino, statomi dato dal mio padre eterno esilio dalla sua casa, vo cercando una giovane a me per sottile ingegno levata, la quale se io ritrovo, lecito mi fia alla paternale casa ritornare. Ma di ciò male mi pare essere nel cammino, però che d’alcuno iddio dopo i divoti sacrificii ebbi risponso di dovere qui di lei vere novelle udire; ma ciò trovo falso, perciò ch’io sono piú giorni qui dimorato, né alcuno ci ha che novelle di lei mi sappia contare: per che trovandomi dagl’iddii ingannato, quasí come disperato vivo di ritrovarla».

Riguardollo allora piú fiso la donna, e dimandollo come la giovane la quale egli cercava si chiamasse, e chi egli fosse, e come avesse nome, e donde veniva, e quanto tempo era che perduta aveva quella che andava cercando. A cui Filocolo rispose: «Biancofiore è il nome della giovane, e io, suo misero fratello, mi chiamo Filocolo, dalle terre che l’Adige riga partitomi: ben sette mesi o piú l’ho cercata, e tanto ha che ella mi fu levata». Pensossi Sisife tra se medesima: «Veramente questi cerca quella Biancofiore che qui fu da’ parenti miei menata dagli occidentali regni». Per che cosí gli cominciò a parlare: «Giovane, delle impromesse degl’iddii non si deve alcuno sconfortare giá mai, però che infallibili sono. Adunque confortati, e prendi ferma speranza di futuro bene, perciò