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quando egualmente concorrono: e chi fa il contrario, non naturale ragione ma follia segue. Ben confessiamo però che dopo l’affanno è piú grazioso il riposo che prima, e meglio conosciuto, ma non però che sia piú tosto da pigliare. Possibile è agli uomini folli e a’ savi usare i consigli e de’ folli e de’ savi, secondo il loro parere, ma però la infallibile veritá non si muta, la quale ci lascia vedere che piú tosto la bella e giovane donna, che la laida e la vecchia, sia da prendere da colui a cui tale partito fatto fosse.

Quistione XIII.

Massalino, il quale tra la destra mano della reina e Parmenione sedeva compiendo il cerchio, disse cosí: «Ultimamente a me conviene proporre, e, acciò ch’io le belle novelle dette e le quistioni proposte avanti faccia piú belle, una novelletta assai graziosa a udire, nella quale una quistione assai leggiera a terminare cade, dirò. Io udii giá dire che nella nostra cittá un gentile uomo ricco molto aveva per sua sposa una bellissima e giovane donna, la quale egli sopra tutte le cose del mondo amava. Era questa donna da un cavaliere della detta cittá per amore intimamente amata, ma ella né lui amava, né di suo amore si curava: per la qual cosa il cavaliere mai da lei né parola né buon sembiante aveva potuto avere. E cosí sconsolato di tale amore vivendo, avvenne che al reggimento d’una cittá, assai alla nostra vicina, fu chiamato, ove egli andò, e quivi onorevolmente avendo retto gran parte del tempo che dimorare vi doveva, per accidente gli venne un messaggero, il quale dopo altre novelle cosí gli disse: ‛Signor mio, siavi manifesto che quella donna la qual voi sopra tutte le altre amavate nella nostra cittá, questa mattina, volendo partorire, per grave doglia non partorendo morí, e onorevolmente in mia presenza da’ suoi parenti fu sepellita’. Con gran doglia ascoltò i1 cavaliere la novella e con forte animo la sostenne, non mostrando nel viso per quella alcun