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346 il filocolo


Quistione IX.

Feramonte, duca di Montorio, appresso la piacevole Pola sedeva, e cosí, poi che la loro reina ebbe parlato, a lei cominciò a dire: «Consentendo a questa donna che amare si convenga, risposto le avete alla sua quistione che piú tosto nobile donna, piú di sé che meno, si deve amare. La qual cosa assai bene si può consentire per quelle ragioni che mostrate n’avete. Ma con ciò sia cosa che ancora delle gentili donne siano alcune di diverse maniere, cioè in diversi abiti dimoranti, le quali, per quello che si crede, diversamente amano, qual piú qual meno, quale piú fervente quale piú tiepidamente, disidero di sapere da voi, di cui piú tosto un giovane, per piú felicemente il suo disio ad effetto conducere, si dee innamorare di queste tre, o di pulcella, o di maritata o di vedova».

Al quale la reina rispose cosi: «Delle tre l’una, cioè la maritata, in niun modo è da disiderare, però ch’ella non è sua, né sta in sua libertá il potersi donare o concedersi ad alcuno: e il volerla o prenderla è commettere contro alle divine leggi, ed eziandio contro alle naturali e alle positive, alle quali offendere è un commuovere sopra di sé la divina ira, e per conseguente grave giudizio: avvegna che sovente a chi tanto adentro non mira con la coscienza fa migliore amarla che alcuna dell’altre due, cioè o pulcella o vedova, quanto è per dovere avere de’ suoi disii l’effetto, avegna che alcuna volta tale amore con molto pericolo sia. E il perché tale amore a’ suoi disii sovente rechi l’amante piú tosto che gli altri, è questa la cagione. Manifesto è che quanto piú nel foco si soffia piú s’accende, e senza soffiarvi s’ammorta; e quasi tutte l’altre cose usandole mancano: la libidine quanto piú s’usa piú cresce. La vedova per essere lungo tempo stata senza tale effetto, quasí come se non fosse il sente, e piú con la memoria che con la concupiscenza si riscalda. La zitella che ciò si sia ancora non conosce, se non per imagina-