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libro quarto 321

parere, chi diè la donna, in cui il suo onore consisteva, piú che gli altri fu liberale».

«Io» disse Menedon, «consento che sia come voi dite, in quanto da voi è detto, ma a me pare ciascuno degli altri fosse piú liberale, e udite come. Egli è ben vero che ’l primo concedette la donna, ma in ciò egli non fece tanta liberalitá quanto voi dite; però che se egli l’avesse voluta negare, giustamente egli non poteva, per lo giuramento fatto dalla donna, che osservare si convenia: e chi dona ciò che non può negare ben fa, in quanto se ne fa liberale, ma poco dona. E però, sí com’io dissi, ciascuno degli altri piú fu cortese: e però che, sí come io giá dissi, Tarolfo aveva giá lungo tempo la donna disiderata e amata sopra tutte le cose, ma per questa avere avea lungamente tribolato, mettendosi per sodisfazione della dimanda di lei a cercare cose quasi impossibili ad avere, le quali pure avute, meritò d’ottenere lei per la promessa fede: la quale, sí come noi dicemmo, tenendo, non è dubbio che nelle sue mani l’onore del marito, e il rimetterle ciò che promesso gli avea, stava. La qual cosa egli fece: dunque dell’onore del marito, del sacramento di lei, e del suo lungo disio fu liberale. Gran cosa è l’avere lunga sete sostenuta, e poi pervenire alla fontana e non bere per lasciare bere altrui. Il terzo fu ancora molto liberale, però che, pensando che la povertá sia una delle moleste cose del mondo a sostenere, con ciò sia cosa ch’ella sia cacciatrice d’allegrezza e di riposo, fugatrice d’onori, occupatrice di virtú, adducitrice d’amare sollecitudini, ciascuno naturalmente quella s’ingegna di fuggire con ardente disio. Il qual disio in molti per vivere splendidamente in riposo s’accende tanto, che essi a disonesti guadagni e a sconce imprese si mettono, forse non sappiendo o non potendo in altra maniera il loro disio adempiere: per la qual cosa tal volta meritano morire, o avere delle loro terre eterno esilio. Dunque, quanto deono elle piacere ed essere care a chi in modo debito le guadagna e possiede? E chi dubiterá che Tebano fosse poverissimo, se si riguarda ch’egli, abbandonati i notturni riposi, per sostentare