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libro quarto 291

giá ridendo, a Filocolo il disiderato cammino promettendo con ferma fede, avvenne che Filocolo una mattina, pieno di malinconia e tutto turbato nel viso, si levò dal notturno riposo. Il quale vedendo, i compagni si maravigliarono molto, perché piú che l’altre fiate turbato stesse. Al quale Ascalione disse: «Giovane, iscaccia da te ogni malinconia, ché il tempo si racconcia, per lo quale, senza dubbio di piú ricevere sí noioso accidente come giá sostenemmo, ci sará lecito il camminare». A cui Filocolo rispose: «Maestro, certamente quello che tu dí, conosco, ma ciò alla presente malinconia non m’induce». «E come» disse Ascalione, «è nuovo accidente venuto, per lo quale tu debba dimorare turbato?» «Certo» disse Filocolo, «l’accidente della mia turbazione è questo, che nella passata notte ho veduto la piú nuova visione che mai alcuno vedesse, e in quella ho avuto gravissima noia nell’animo, veggendo le cose ch’io vedeva: per la qual cosa la turbazione, poi ch’io mi svegliai, ancora da me non è partita, ma senza dubbio credo che meco non lungamente dimorerá.» Pregaronlo Ascalione e i compagni che, cacciando da sé ogni malinconia, gli piacesse la veduta visione narrare loro, nella quale tanta afflizione sostenuta aveva. A’ quali Filocolo con non mutato aspetto rispose che volentieri, e cosí cominciò a parlare:

«A me pareva essere da tutti voi lasciato, e dimorare sopra il falernese monte, qui a questa cittá sovraposto, e sopra quello mi pareva che un bellissimo prato fosse, rivestito d’erbe e di fiori assai dilettevoli a riguardare, e pareami da quello poter vedere tutto l’universo; né mi pareva che a’ miei occhi alcuna nazione s’occultasse. E mentre ch’io cosí rimirando intorno le molte regioni dimorava, vidi da quel cerreto dove noi la misera fontana trovammo, uno smeriglione levarsi e cercare il cielo; e poi che egli era assai alzato, pigliando larghissimi giri il vidi incominciare a calare, e dietro a una fagiana bellissima e volante molto, che levata s’era d’una pianura tra le salvatiche montagne posta, non guari lontana al natale sito del nostro poeta Naso: e nel giá detto prato a me assai appresso mi pareva ch’egli la sopragiungesse, e ficcatosela i piedi sopra la