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290 il filocolo

ben ti dovrebbe bastare, pensando quello che mi facesti, non è lungo tempo passato, quando me e’ miei compagni quasi per morti in questo luogo gittasti sopra lo spezzato legno. Adunque perché senza utilitá piú avanti mi nuoci? Certo, se i tuoi regni fossero da essere cercati per brieve quantitá come da Leandro erano, con la virtú dell’anello ricevuto dalla pietosa madre, mi metterei a cercare il disiato luogo oltre al tuo piacere, e crederei poter fornire quello che a lui fornire non lasciasti; ma sí lungo cammino per quelli ho ad andare, che piú tosto la forza mi mancherebbe che il tuo potere m’offendesse: e per questo cerco la tua pace, e quella disidero; non la mi negare, io te ne priego per quell’amore che giá per Ifimedia sentisti. E tu, o sommo Eolo, spietato padre di Canace, tempera le tue ire, ingiustamente verso me levate. Apri gli occhi, e conosci ch’io non sono Enea, il gran nemico della santa Giunone: io sono un giovane che amo, sí come tu amasti. Pensi tu forse per nuocermi avere da Giunone la seconda impromessa? Raffrena le tue ire; racchiudi lo spiacevole vento sotto la cavata pietra. Io non sono Macareo, né mai in alcuna cosa t’offesi. Sostieni ch’io compia l’incominciato viaggio, e quello compiuto, quando nel disiato luogo sarò con la mia donna, quanto ti piace soffia: graziosa cosa mi sará di quel luogo mai non partirmi. Allora mostrerai le tue forze, quando noioso non mi sará il dimorare. Ma ora che con angoscia perdo tempo, mitiga la tua furia, e sostieni che ’l mio disio io possa fornire, ché se tu non fossi, ben conosco che Nettunno priega di starsi in pace». Poi diceva: «Oimè, ove mi costringe amore di perdere i prieghi alle sorde onde e a’ dissoluti soffiamenti, ne’ quali niuna fede, come in cosa senza niuna stabilita, si trova!».

Con cotali parole piú volte si dolea l’innamorato giovane sopra i salati liti, e da malinconia gravato ritornava al suo ostiere. Ma essendo giá Titano ricevuto nelle braccia di Castore e di Polluce, e la terra rivestita d’ornatissimi vestimenti, e ogni ramo nascoso dalle sue fronde, e gli uccelli, stati taciti nel noioso tempo, con dolci note riverberando l’aere, e il cielo,