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libro quarto 289

tempo. Per la qual cosa malinconia grandissima e ira la disiderosa anima di Filocolo stimolava, dolendosi della ingiuria che da Eolo ricevere gli pareva. E piú volte la sua ira con voti e con pietosi sacrificii e con umili prieghi s’ingegnò di piegare, ma venire non poteva al disiderato fine, anzi pareva che quelli piú nocessero; onde egli spesso di ciò si doleva dicendo: «Oimè, che ho io verso gl’iddii commesso, che i miei sacrificii puramente fatti non siano accettati? Io non sacrilego, io non invidioso de’ loro onori, io non assalitore de’ loro regni, né tentatore della loro potenza, ma fedelissimo e divoto servidore di tutti: adunque che mi nuoce?». Egli dopo le lunghe malinconie andava alcuna volta a’ marini liti, e in quella parte, verso la quale egli imaginava di dovere andare, si volgeva, e rimirava, dicendo: «Sotto quella parte del cielo dimora la mia Biancofiore. Quella parte è testé da lei veduta, e io la voglio rimirare. Io sento la dolcezza ch’ella adduce seco, presa dalla luce de’ begli occhi di Biancofiore». E poi abbassati gli occhi sopra le salate onde, e vedendole verdi e spumanti biancheggiare nelle loro rotture con tumultuoso romore, e similmente il vento con sottili sottentramenti stimolar quelle, turbato in se stesso diceva: «O dispietata forza di Nettunno, perché commovendo le tue acque impedisci il mio andare? Forse tu pensi ch’io un’altra volta porti il greco foco alla tua fortezza, come fecero coloro a’ quali se tu sí crudele, come se’ a me, fossi stato, ancora le sue mura vedresti intiere e piene di popolo senza esser mai state offese. Io non porto insidie, ma come umile amante, col core acceso di fiamma inestinguibile, per lo piacere d’una bellissima giovane, sí come tu giá avesti, cerco mediante la tua pace di ritrovar lei, allontanata per inganni d’alcuni dalla mia presenza. Di che meritarono piú coloro nel tuo cospetto, che portandonela da me la divisero, che meriti io? Che ho io verso di te offeso, che commesso piú che gli ausonici mercatanti? Niuna cosa; anzi con sacrificii continui ho la tua deitá esaltata cercando di pacificarla verso me. Alla quale s’io forse mai offesi, ignorantemente il male commisi: e che che io m’avessi commesso,