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libro quarto 281

contentandomi di poter vedere quella bellezza per la quale ora lontano in altra forma dimoro. Ma non essendo io ancora di Marmorina partito, poco tempo appresso della fatta narrazione, Diana, pietosa del crudele male che mi si apparecchiava, in sonno mi fece vedere infinite insidie poste da Florio alla mia vita, e similmente mi fece sentire i colpi che la sua spada e quelle de’ suoi compagni s’apparecchiavano di dovermi dare. Le quali cose vedute, e narrandole io poi ad un mio amico, il quale de’ segreti di Florio alcuna cosa sentiva, m’avverò quello che io veduto aveva, essermi senza alcun fallo apparecchiato, s’io da Marmorina non mi partissi. Seguitai adunque il consiglio del mio amico, e abbandonata Marmorina, e cercati molti luoghi, e pervenuto qui, mi piacque qui di finire la mia fuga, e di pigliare questo luogo per eterno esilio: e ancora mi parve solingo e rimoto molto, ond’io imaginai di poterei senza impedimento d’alcuno nascosamente piangere l’abbandonato bene, e cosí lungamente il piansi. Ma né per le mie lagrime, né per l’essere lontano mancava però lo verace amore ch’io portava e porto a colei che piú bella che altra mi pareva, anzi piú ciascun giorno mi costringeva e molestava molto. Laond’io un giorno incominciai con dolenti voci a pregare gl’iddii del cielo e della terra e qualunque altri che i miei dolori terminassero, e infinite volte dimandai e chiamai la morte, la quale impossibile mi fu di potere avere. Ma pure pietá del mio dolore vinse gl’iddii, li quali chiamando, come ho detto che faceva, sedendo in questo luogo, mi sentii sopra subitamente venire un sudore e tutto occuparmi, e, dopo questo, ciò che quello toccava in quello medesimo convertiva, e giá volendomi con le mani toccare e asciugare quello, né la cosa disiderata toccava, né la mano sentiva l’usato uficio adoperare, ma mi sentiva nel muovere de’ membri e nel toccarsi insieme né piú né meno come l’onde cacciate l’una dal vento e l’altra dalla terra insieme urtarsi: per che io incontanente me conobbi in questi liquori trasmutato, e mi sentii occupare questo luogo, il quale io poi con la gravezza di me medesimo ho piú profondo occupato. E cosí