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280 il filocolo

onde dimori, perdonami se io t’offesi, ché non fu mio intendimento, quando per le tue parti sollazzandomi menava il mio nappo, d’offendere ad alcuno. Ma se gl’iddii da tal molestia ti partano e le tue onde chiare conservino lungamente, non ti sia noia la cagione per che qui relegato dimori narrarci, e chi tu se’, e come qui venisti e onde, acciò che per noi la tua fama risusciti, e, i tuoi casi narrando, di te facciamo ancora pietose molte anime, se pietá meritano i tuoi avvenimenti».

Tacque Filocolo, e l’onde tutte si cominciarono a dimenare, e dopo alquanto spazio, una voce cosí parlando uscí dal vicino luogo a’ due bollori: «Io non so chi tu sia, che con cosí dolci parole mi costringi a rispondere alla tua domanda; ma però che maravigliare mi fai della tua venuta, non sará senza contentazione del tuo disio, solo che ad ascoltarmi ti disponga; e però che piú mia condizione ti sia manifesta, dal principio de’ miei danni ti narrerò i miei casi. E sappi ch’io fui di Marmorina, terra ricchissima e bella e piena di aobilissimo popolo, posseduta da Felice, altissimo re di Spagna, e il mio nome fu Fileno, e giovane cavaliere fui nella corte del detto re. Nella quale corte una giovane di mirabilissima bellezza, il cui nome era Biancofiore, con la luce de’ suoi begli occhi mi prese tanto il core del suo piacere, che mai uomo di piacere di donna non fu sí preso. Niuna cosa era che io per piacerle non avessi fatto, e giá molte cose feci laudevoli per amor di lei. Io ricevetti da lei, un giorno che la festivitá di Marte si celebrava in Marmorina, un velo col quale ella la sua bionda testa copriva, e quello per sopransegna portato nella palestra, sopra tutti i compagni per forza ricevetti l’onore del gioco. E da Marmorina partitomi andai a Montorio, dove un figliolo del detto re chiamato Florio dimorava; e quivi in sua presenza i miei amorosi casi narrai, ignorando che esso Biancofiore piú ch’altra cosa amasse, come poi detto mi fu ch’egli faceva: per le quali cose narrate meritai a torto d’essere da lui odiato. Questa fu principale cagione de’ miei mali, però che, s’io avessi taciuto, ancora in Marmorina dimorerei,