Pagina:Boccaccio - Filocolo (Laterza, 1938).djvu/271


libro terzo 267

ciò che di Marmorina gli era stato contato, e del morto cavaliere nel suo cospetto, le cui parole ritrovò mendaci, si pensò tutto quello essere piacere degl’iddii, al volere de’ quali niuno è possente a resistere. E però in sé propose di volere per inanzi con piú fermezza d’animo lasciare a’ fati muovere queste cose, che per adietro non aveva fatto. Ma Florio, cambiato viso e mostrandolo meno dolente, lasciò la madre piangendo nella camera, e, rivestito d’altre robe, pervenne nella gran sala, la dov’egli molti di tale accidente trovò che parlavano. Egli si fece quivi chiamare il vecchio Ascalione e Parmenione e Menedon e Massalino, a’ quali e’ disse cosií: «Cari amici e compagni, quanta forza sia quella d’amore a niuno di voi credo che occulta sia, però che ciascuno, si com’io penso, le sue forze ha provate. E la dove questo non fosse, manifestare vi si puote, se mai di Elena, o della dolente Dido, o dello sventurato Leandro o d’altri molti avete udito parlare: de’ quali chi l’eterno onore con vituperevole infamia non curava d’occupare, chi di perdere la propria vita si metteva in avventura per pervenire a’ disiati effetti, e chi una cosa e chi un’altra faceva per pervenire al disiato fine. E, ultimamente, ove a tutti gli esempli detti di sopra mancasse per lungo trapassamento di tempo degna fede, in me misero si puote la sua inestimabile potenza conoscere, per la quale dagli anni della mia puerizia in qua ho tanto amato e amo Biancofiore, che ogni esempio ci sarebbe scarso. E certo in alcuno amore i fati non furono mai tanto traversi quanto nel mio sono stati, però che senza alcuno diletto infinite avversitá me ne sono seguite, e ora in quelle piú che mai sono. E che l’amore di Biancofiore abbia sopra me grandissima forza e muovami a grandi cose, potrete appresso per le mie parole comprendere. Com’io v’ho detto, dalla mia puerizia fu Biancofiore piú che ogni altra cosa amata da me: del quale amore non prima il mio padre s’avvide, che sotto scusa di mandarmi a studiare, mandandomi a Montorio, da lei mi dilungò, pensando che per lontanarmi ella mi si partisse dal core, dove con catena da non potere mai sciogliere la legò amore in quell’ora ch’ella da prima mi piacque. E