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libro terzo | 259 |
infermitá e giá presso al suo passare, ebbe tanta memoria di te, che, chiamati me e la tua madre, con lagrime sopra le nostre anime impose che noi con ogni sollecitudine ti dovessimo del suo trapassare rendere conforto, e pregarti che per quello amore che tra te e lei era nella presente vita stato, che tu ti dovessi confortare, e niente ti dolessi, però che ella sí vedeva grazioso luogo apparecchiato ne’ beati regni, ne’ quali essendo, se le tue lagrime sentisse, molto la sua beatitudine mancherebbe. E questo detto, con pietoso viso, e col tuo nome in bocca, rendé l’anima agl’immortali iddii: e però noi cosí te ne preghiamo, e per parte di lei e per la nostra. Ella ha lasciati i mondani affanni: non le volere porgere nuova pena, ché doppiamente offende chi contro a coloro opera, che dopo la loro morte sono beatificati. Confortati, e della sua morte inanzi gioia che tristizia prendi, imaginando ch’ella in cielo, ove ora dimora, di te e dell’amore, che mentre fu di qua ti portò, si ricorderá, per merito del quale ragionando con gl’iddii delle tue virtú, li fará verso di te benivoli: la qual cosa senza grandissimo bene di te non potra essere».
Con grandissima pena sostenne Florio le parole dell’iniquo re, ma poi ch’egli si tacque, Florio, gittata una grandissima voce, disse: «Ahi, malvagio re, di me non padre ma perfidissimo ucciditore, tu m’hai ingannato e tradito!». E messesi le mani al petto, dal capo al piè tutto si stracciò la bella roba, e cadde di terra con le pugna serrate, e con gli occhi torti nel viso senza alcun colore rimase, risomigliando piú persona morta che viva. Ma dopo picciolo spazio ritornato in sé, e alzata la testa di grembo alla madre, comiciò a dire: «O iniquo re, perché l’hai uccisa? Che aveva la giovane commesso ch’ella meritasse morte? Tu se’ stato cagione della morte di lei, e ora credi con lusinghevoli parole sanare la piaga che il tuo coltello m’ha fatta, la quale mai altro che morte non sanerá. Ora se’ contento, iniquo re! Omai hai quello che tu lungamente hai disiderato: ma io ti farò tosto di tal festa tornare dolente!». E poi ricadde in grembo alla madre tramortito. E cosí piangendo e battendosi, senza volere udire alcun conforto da